venerdì 28 febbraio 2020
In Sicilia non piove da tre mesi e i raccolti si preannunciano magri. Per questo la diocesi nissena ha promosso gesti di preghiera e una Messa
In processione per chiedere il dono della pioggia
COMMENTA E CONDIVIDI

L’antico Crocifisso del santuario del Signore di Bilìci avanza in processione sotto il sole in aperta campagna, insieme alla statua di Sant’Antonio Abate, protettore degli agricoltori, seguito da centinaia di allevatori e coltivatori dei paesi vicini. Siamo nei pressi di Marianopoli, nella zona di Caltanissetta, nella Sicilia più profonda, dove non piove da tre mesi e i raccolti si preannunciano magri come da anni non accadeva. La siccità nell’isola quest’inverno ha assunto le dimensioni della calamità naturale, e la speranza di chi ha scelto coraggiosamente di rimanere a lavorare qui si concentra nella preghiera di rogazione ad petendam pluviam, l’invocazione del dono della pioggia secondo un antico rito, alla quale la diocesi nissena ha invitato tutti i fedeli ad unirsi, con una Messa celebrata dal vicario generale, Giuseppe La Placa, proprio nel Santuario seicentesco di Bilìci, all’incrocio tra le diocesi di Caltanissetta e Cefalù, in provincia di Palermo.


In Sicilia non piove da tre mesi e i raccolti si preannunciano magri. Per questo la diocesi nissena ha promosso gesti di preghiera e una Messa

«Ho visto tanta gente presente qui – ha affermato monsignor La Placa – non per curiosità, ma per esprimere la propria fede. Abbiamo chiesto con tutta la nostra fede che questa calamità della siccità possa cessare. L’acqua, la pioggia da sempre sono il simbolo della relazione di Dio con gli uomini: il cielo prende l’acqua dalla terra e la restituisce all’uomo. Chiediamo il dono della pioggia, i frutti dei nostri campi. Chiediamo il miracolo: l’alternarsi dei tempi e delle stagioni ». Nell’epoca dei cambiamenti climatici anche il naturale alternarsi delle stagioni può diventare un miracolo e il mondo della campagna si mobilita nella preghiera. Quella di Marianopoli è stata la più partecipata tra le processioni che si stanno svolgendo in tutta la Sicilia: a Carini, in provincia di Palermo, a Gibellina e a Poggioreale nel Trapanese, sulle coste e nell’entroterra dove la siccità morde silenziosamen-te da troppi mesi. Il grano duro e i grani antichi siciliani sono materia prima di pregio per quell’agroalimentare di qualità che sta riconquistando quote di mercato, contrastando i grani di importazione inquinati dai glifosati che Coldiretti combatte da anni con una campagna di informazione controcorrente, sfidando le multinazionali degli Ogm per sostenere le produzioni biologiche.

Ed è proprio l’associazione dei coltivatori diretti che in Sicilia da settimane martella con i dati drammatici della più grave crisi climatica e produttiva del nuovo secolo: meno 75% di piogge in un anno, 72 milioni di metri cubi di acqua in meno negli invasi, mettendo a rischio anche l’approvvigionamento idrico estivo per le città, temperature intorno ai 20°: una falsa primavera che ha stravolto persino il ritmo delle api, con la prospettiva di una produzione di miele insufficiente e sprecata. Senza l’acqua della pioggia non si possono neppure concimare i terreni. Centinaia di aziende subiscono la mancanza di foraggio per gli animali e sono iniziate le speculazioni sul prezzo del fieno che colpiscono i produttori lattiero-caseari. La siccità dimostra quanto i cambiamenti climatici siano un’emergenza concreta, che incide sulla nostra quotidianità, anche nelle periferie dell’Occidente opulento, come nella Sicilia che prega per l’acqua, ancora oggi.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI