mercoledì 19 settembre 2018
Il 12 maggio il Family Day afferma con una grande manifestazione laica un valore decisivo per tutti. «Avvenire» si mobilita
Il 12 maggio a Roma, in piazza San Giovanni, c'è il popolo del Family Day (Ansa)

Il 12 maggio a Roma, in piazza San Giovanni, c'è il popolo del Family Day (Ansa)

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Piazza San Giovanni in Laterano a Roma non bastò, quel 12 maggio 2007, a contenere le tante, tantissime, innumerevoli famiglie arrivate da tutta Italia per il Family Day. Una gigantesca manifestazione pacifica di un milione, forse un milione e mezzo di persone di ogni età, per la famiglia e contro nessuno, anche se sullo sfondo c’erano i Dico, il primo progetto di unioni civili che si arenò presto (ancora oggi su Wikipedia si legge che il Family Day del 2007 fu una manifestazione di protesta indetta dai cattolici conservatori e pre-conciliari, sic). Erano in tanti e non solo cattolici, perché la famiglia non ha latitudine. Questo l’elenco (necessariamente incompleto) delle sigle aderenti (in disordine): Cammino neocatecumenale, Focolari, Sant’Egidio, Agesci, Ucid, Centro italiano femminile, Giuristi cattolici, Centro sportivo italiano, Misericordie, Copercom, Retinopera, Medici cattolici, Movimento per la vita, Unitalsi, Associazione Giovanni XXIII e altri. Come li si possa definire «conservatori e pre-conciliari» è un mistero.

Avvenire segue il Family Day come pochissimi altri eventi nella sua storia. In queste poche righe è possibile concentrarsi solo sul giornale del giorno dopo, il 13 maggio. Mi fu affidata la cronaca: «Voleva essere una festa. E festa è stata. Una festa grande, enorme, smisurata. Una festa allegra e positiva come sanno essere le feste davvero riuscite. Una festa tracimata da San Giovanni nelle decine di rivoli di via Santa Croce in Gerusalemme, via Emanuele Filiberto, via Appia e stradine e vicoli dove l’occhio non poteva arrivare. Più di un milione di persone, ma quante di più? Impossibile contarle. Una festa di popolo, ma popolo vero. Mamme e papà, tanti bambini, e nonni. Da ogni angolo d’Italia». Volti e voci che Antonella Mariani va a conoscere di persona "pescando" nell’immensa piazza. A Danilo Paolini spetta raccontare i discorsi dal palco: «"Viva la famiglia", cioè "viva l’Italia"». L’Italia popolare, perché «la gente che lavora e che fatica, a differenza di chi frequenta i salotti buoni, conosce bene il valore della famiglia». Savino Pezzotta saluta tra ovazioni e scrosci di applausi piazza San Giovanni, «una piazza che non è contro, non è guelfa, ma è una piazza degli italiani», dove «non si strumentalizza la religione, ma neppure le si vieta di orientare le coscienze». Una piazza laica nel senso più autentico, in cui «non c’è alcuna volontà di dividere», di lasciarsi andare a «contrapposizioni o anacronistiche contro-manifestazioni», bensì l’intenzione di affermare i propri princìpi «con mitezza, caparbietà e determinazione». Ed ecco Eugenia Roccella...». E ancora il cantante Povia, l’allora il presidente del Forum delle associazioni familiari Giovanni Giacobbe intervistato da Pierluigi Fornari («Le motivazioni dell’incontro non sono confessionali ma laiche, un’espressione di libertà democratica. Come si fa a dire che manifestare per il Family Day è una violazione della laicità? È proprio il contrario») e l’attore e regista Giulio Base intervistato da Lucia Bellaspiga («Il mio monologo? Sì, era il padre che parlava, più che l’attore»).

Pino Ciociola racconta la piazza, cattolica e laica, senza alcuno slogan politico (con una sola eccezione, non nascosta): «Gioia fiera. C’è fierezza e orgoglio in questa moltitudine, senza però spocchia o arroganze. C’è soprattutto la gioia. L’amore. Donne e uomini, piccoli e nonni, meridionali e settentrionali, operai e manager, ma divisioni non ne esistono. Tutti qui sono "famiglia". Tutti vogliono "difenderla", ma senza barricate o conflitti, con gioia appunto: perché semplicemente – com’è scritto su uno striscione – "Ciò che è bene per la famiglia è bene per l’Italia", dunque per chiunque e ognuno. Nessun cartello politico, soltanto uno grande "Dico mai"». La piazza... Mimmo Muolo spiega come sia stato anche un «Baby Day» per la presenza di tantissimi bambini. Francesco Ognibene intercetta Giuliano Ferrara: «Di piazze "di popolo" ne ho viste tante, ma questa è proprio magnifica, una delle più belle. Qui ho visto il popolo italiano, niente di più e niente di meno». E anche Giorgio Campanini: «Nonostante il parere difforme di molti miei amici dell’area del cattolicesimo democratico, mi ha persuaso la consapevolezza che su questo tema è giusto ricercare l’unità del mondo cattolico. Su altri ambiti ci si può dividere, ma sulla promozione della famiglia bisogna avere il coraggio di sapersi schierare in modo univoco. (...) Normalmente non partecipo a manifestazioni, forse è la prima volta dopo più di trent’anni. Stavolta ho ritenuto che ne valesse la pena».

L’ultima parola sulla memorabile giornata spetta al nostro Alessandro Zaccuri, che l’ha condotta dal palco con Alessandra Rivetta: «Ci ha salvato il clima familiare davvero caldo. Siamo riusciti a configurare il palco, un palco enorme, come un appartamento: con il salotto delle chiacchiere e il grande tappeto dove giocavano i bambini. E questo ci ha aiutato non solo a trasmettere meglio il messaggio che volevamo lanciare, ma anche a viverlo noi stessi».

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