venerdì 24 agosto 2018
Il governo gialloverde ha voluto rivedere l'intero dossier. Di Maio giudica la gara ¯illegittima ma non revocabile». Intanto l'azienda perde 30 milioni al mese, con 3.300 lavoratori in cassa
L'Ilva di Taranto (Foto Ufficio Stampa Ilva, 2016)

L'Ilva di Taranto (Foto Ufficio Stampa Ilva, 2016)

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Nel 2016 l’Ilva di Taranto produceva quasi 6 milioni di tonnellate di acciaio, nel 2018 si dovrebbe fermare a 4,5 milioni, ovvero 200mila tonnellate in meno del 2017. In un anno e mezzo di funzionamento 'emergenziale' Ilva ha perso quindi quasi un quarto della sua capacità produttiva e lo ha fatto in un periodo di forte ripresa del settore, a vantaggio quindi dei concorrenti. L’azienda, in amministrazione straordinaria da gennaio 2015, perde quasi 30 milioni al mese, con 3.300 dipendenti in cassa integrazione: per 800 lavoratori, addetti agli impianti fermi, a zero ore, per gli altri con rotazione bisettimanale.

ILVA, PER IL MINISTRO LA GARA È ILLEGITTIMA MA NON SI PUO' REVOCARE

Sono rimasti poco più di 50 milioni di liquidità degli 800 forniti dai vari governi ed entro la fine di questo mese le risorse sono destinate a esaurirsi. Gli impianti stanno funzionando quindi a scartamento ridotto ma sono al limite per l’assenza di manutenzione e tecnici. La crisi finanziaria ha tra l’altro azzerato il know how e gli impianti sono ormai obsoleti. Senza soldi in cassa, il gruppo ha dovuto ridurre gli acquisti di materia prima e la produzione è calata.

Un panorama desolante, al quale vanno aggiunto le ricadute sull’indotto. E l’angoscia dei lavoratori di un altro stabilimento storico, quello di Genova, il cui destino è legato a doppio filo a quello dei colleghi pugliesi. Sotto la Lanterna, gli addetti della fabbrica specializzata nella produzione di banda stagnata gli addetti sono ufficialmente circa 1.500. Ma da dieci anni la produzione è in sofferenza e, attualmente, gli operai in cassa integrazione sono 350400. Negli anni 80, l’allora Italsider dava lavoro a circa 12mila persone.

L’odissea della gara vinta da Arcelor Mittal sembrava aver messo fine ai dubbi sul futuro, ma il nuovo governo gialloverde, prima di firmare con il colosso indiano, ha voluto rivedere l’intero dossier da zero, dai termini del bando sino al piano occupazionale e ambientale dei vincitori. Avanzando anche ipotesi alternative come la nazionalizzazione.

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