venerdì 13 aprile 2018
Immobili e società per centinaia di milioni. In manette due fratelli complici di Zagaria. Più di 400 appartamenti, imprese edili e del caffè, centri benessere e una villa lussuosissima
L’arresto di Michele Zagaria nel 2011 (Ansa)

L’arresto di Michele Zagaria nel 2011 (Ansa)

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Trovato in Romania il 'tesoro', o almeno una parte consistente, di Michele Zagaria, boss del clan dei 'casalesi'. Ieri la Dia di Napoli ha arrestato due imprenditori Giuseppe e Nicola Inquieto e sequestrato beni per almeno 250 milioni di euro. «Il più grande sequestro mai fatto all’estero», sottolinea molto soddisfatto il capo centro Giuseppe Linares. Si tratta di più di 400 appartamenti già ultimati e in costruzione, imprese edili, del caffè e della telefonia, centri benessere e una villa lussuosissima da 3 milioni di euro dove viveva Nicola Inquieto.

Un giardino hollywoodiano con statue e una piscina lastricata di maioliche, saloni con divani di gran marca lunghi 11 metri da 30mila euro l’uno. E questo malgrado «da accertamenti esperiti alla banca dati dell’Agenzia delle entrate per gli Inquieto risultano redditi dichiarati o percepiti di scarsa entità o addirittura inesistenti». I due imprenditori di Aversa sono accusati di aver riciclato il denaro frutto degli affari illeciti del clan ma anche di aver favorito la latitanza di Zagaria arrestato il 7 dicembre 2011 in un bunker sotterraneo nella casa a Casapesenna di Vincenzo Inquieto, fratello dei due arrestati. Un altro bunker venne scoperto il 13 gennaio 2004 a San Cipriano d’Aversa proprio nella casa di Nicola Inquieto, ma in realtà del boss come rivelato da vari collaboratori di giustizia.

Quella scoperta aveva messo in allarme Zagaria che organizzò un falso attentato contro un negozio della moglie rumena di Inquieto. «Fece sparare due colpi di pistola nella saracinesca per far credere alle forze dell’ordine che lui era vittima della criminalità e di richieste di pizzo», ha raccontato Massimiliano Caterino. Il fatto si concluse con una denuncia, imposta dal boss, «contro ignoti». In realtà anche quel negozio era di Zagaria. Poi a ottobre Inquieto venne spedito in Romania a curare gli investimenti del clan. Antonio Iovine, ex capoclan, ha rivelato che «Michele chiamò Nicola e lo fece andare in Romania perché non voleva più inchieste sulla sua famiglia in quanto aveva deciso di nascondersi dal fratello Vincenzo». Inquieto si trasferì così a Pitesti, città gemellata con Caserta, dove ieri è stato arrestato nel suo villone e dalla quale tornava portando i soldi per il capo e anche per gli stipendi dei membri della cosca e dei familiari di chi stava in carcere.

L’inchiesta, denominata 'operazione Transilvania', coordinata dalla Dda di Napoli e in particolare dal pm Catello Maresca, il magistrato che ha interrotto la lunghissima latitanza di Michele Zagaria, è durata due anni e è stata svolta col supporto di Eurojust e del Servizio Interpol e con la collaborazione della magistratura e delle forze dell’ordine rumene. Fondamentali le dichiarazioni di numerosi collaboratori di giustizia e le intercettazioni telefoniche, ambientali e telematiche, ma anche le analisi di documentazione bancaria e finanziaria. Da tutto emerge un grande interesse del clan per la Romania.

Addirittura il collaboratore di giustizia, Luigi Cassandra parla di viaggi dello stesso Zagaria in quel Paese tra il 2001 e il 2008. Viaggi, per ora, non riscontrati. Nel mirino degli investigatori e dei magistrati della Dda, guidati dal procuratore Giovanni Melillo e dagli aggiunti Luigi Frunzio e Giuseppe Borrelli, le società Italy Constructii e Daniela Constructii, costituite da Nicola Inquieto in Romania, e le imprese Inaba metal e Aurora service seguite ad Aversa dal fratello Giuseppe.

Non mancano dagli atti dell’inchiesta le pagine dedicate ai rapporti del clan con la politica e le infiltrazioni nelle amministrazioni locali. In particolare ne parla Generoso Restina che, si legge nell’ordinanza, «è stato la persona più vicina al capo clan Michele Zagaria negli anni di maggiore espansione economico-imprenditoriale del clan, agevolate, anche dai rapporti avuto con imprenditori, amministratori politici locali e rappresentanti delle istituzioni e che lo stesso dichiarante ha ricostruito anche con dovizia di particolari».

Restina, si legge ancora, «ha fatto riferimento a specifici fatti e incontri avvenuti con rappresentanti politici e amministratori locali per discutere di questioni legate alla gestione del comune di Casapesenna, paese d’origine della famiglia Zagaria, ed alla 'scelta' dei sindaci indicati direttamente dal clan». Tra i nomi fatti, non citati nell’ordinanza, ci sarebbero personaggi politici come Luigi Cesaro, senatore di Fi ed ex presidente della Provincia di Napoli, e ex sindaci di Casapesenna e di Aversa.

Di certo, prosegue l’ordinanza, le dichiarazioni di Restina sono «in grado di lumeggiare in ordine ai recentissimi rapporti politico-criminale-affaristici in seno al sodalizio criminale insistente sui comuni dell’agro aversano, allo stato ancora vitale, come testimoniano recenti indagini».

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