martedì 9 maggio 2017
Seimila arrivi e oltre 200 dispersi in queste ore nel mare davanti alla Libia, in due naufragi testimoniati dai superstiti
La foto che pubblichiamo, circolata su Twitter nei giorni scorsi, è il tracciato radar che mostrava la situazione in mare della notte di sabato 6 maggio, attorno a una delle imbarcazioni della Ong tedesco-danese Jugendretteret impegnata nel soccorso in mare. Se il centro del tracciato è la nave, tutt'attorno ogni puntino giallo segnalava un gommone in avvicinamento, con circa 200 persone a bordo.

La foto che pubblichiamo, circolata su Twitter nei giorni scorsi, è il tracciato radar che mostrava la situazione in mare della notte di sabato 6 maggio, attorno a una delle imbarcazioni della Ong tedesco-danese Jugendretteret impegnata nel soccorso in mare. Se il centro del tracciato è la nave, tutt'attorno ogni puntino giallo segnalava un gommone in avvicinamento, con circa 200 persone a bordo.

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Seimila arrivi e oltre 200 dispersi in queste ore nel mare davanti alla Libia, in due naufragi testimoniati dai superstiti. Un simile numero di vittime, anni fa, avrebbe fatto grandi titoli sui giornali. Ma più di 200 dispersi nel Mediterraneo ormai non sono più una notizia. Ieri i siti dei quotidiani dedicavano più spazio alle 'bandiere blu' conquistate dalle spiagge italiane. Il mare è lo stesso, ma drammaticamente diverso, a seconda da quale costa lo si guardi. Il mare davanti alla Libia in queste notti è stato un incrocio fitto di vite e di morti: ne girava su Twitter un’immagine radar, che da sola bastava a dire la tragicità del momento. Sul fondo nero brilla una luce, al centro, che è la nave Juventa della Ong tedesco-danese Jugendretteret. Tutt’intorno, 30 piccoli punti gialli.

Ogni punto è una imbarcazione, sono oltre 100 a bordo, talvolta 200. Su un gommone, o su vecchi legni che gemono a ogni onda. L’immagine colpisce per la drammaticità di quel nero e la folla dei puntini luminosi dispersi in mare. Se ti fermi a guardarla, pensi a quale carico di vite, di storie, di amore e di sofferenza è raggrumato in ognuno di quei punti tremanti nel buio. Quanti figli partiti in cerca di fortuna, quante madri che tremano per la sorte dei loro piccoli. E quanto lontana l’unica nave dei soccorritori, che certo non potrà raccogliere tutti. Che si lascerà indietro imbarcazioni stracariche, mani tese invano verso la salvezza. Bisognerebbe farla vedere a tutti quella immagine radar, in questi tempi di velenose polemiche sulle Ong. Che cosa si deve fare finché questo esodo continua, che si deve fare in alto mare? In mare, si deve salvare. Sempre. E dove sarà intanto l’Europa, con tutti i suoi nobili principi, ti chiedi, con negli occhi ancora quei puntini brillanti, piccole luci come supplichevoli. Quante storie che non sapremo mai, giacciono nel fondo del Canale di Sicilia. Solo dall’inizio di quest’anno, 1150 morti, secondo l’Acnur.

Quanti ragazzi che non telefoneranno a casa, e quante madri che ancora sono lì, a aspettare, e il telefono non suona. Quanti bambini, precipitati negli abissi con il loro lieve peso. Sappiamo invece che tra i superstiti è arrivato un neonato, ma senza la mamma. La mamma è morta in Libia, appena prima di imbarcarsi. Ma il padre lo ha preso con sé, e se lo è portato al di là del mare. E’ vivo, è salvo. Anche lui era su una di quelle barche da nulla, stracariche di uomini, luci da niente nel nero dell’ immagine del radar. Ogni luce, cento o duecento anime, coi loro sogni e le loro preghiere. E solo Dio ora conosce quei sogni che giacciono, spenti, in fondo al mare.

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