sabato 22 luglio 2017
Dopo la sentenza, parla il procuratore capo romano che non si sente sconfitto. Il mondo di mezzo è «un crimine organizzato». Il suo aggiunto Prestipino: faremo appello, è un sistema «ancora attivo»
Il procuratore Pignatone: non mi arrendo, la mafia a Roma esiste
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La sentenza dei giudici del tribunale di Roma ha escluso l'associazione mafiosa per il sistema di corruzione nella Capitale gestito da Buzzi e Carminati. Ma adesso a parlare sono proprio gli autori dell'impianto accusatorio di Mafia Capitale, il procuratore di Roma Giuseppe Pignatone e il suo aggiunto Michele Prestipino. «Non mi sento sconfitto. È crimine organizzato, noi andremo avanti», dice Pignatone in due diverse interviste sulla stampa, aggiungendo che «non si può accettare l'idea che a Roma la corruzione sia un fatto normale o addirittura utile». Ma è anche vero che «la sentenza ha riconosciuto la sussistenza di gravi fatti di violenza e corruzione in un contesto di criminalità organizzata, e ha inflitto pene altissime». Dunque «a Roma la mafia c'è». Ma il pocuratore capo dice di non sentirsi sconfitto: «È crimine organizzato, noi andremo avanti», anche perché «non si può accettare l'idea che a Roma la corruzione sia un fatto normale o addirittura utile».


Il rincaro del procuratore aggiunto Michele Prestipino

Ad aggiungere benzina sul fuoco anche il procuratore aggiunto della Capitale Michele Prestipino che, sempre in un'intervista, sostiene che «la mafia a Roma esiste», come dimostrano le condanne degli ultimi due anni a Ostia, quelle dello scorso gennaio per il clan Pagnozzi di Roma sud e il sequestro, negli ultimi 7 mesi, di 1 miliardo di beni a gruppi commerciali ed aziendali anche legati alla mafia. Certo Roma - spiega - «non è paragonabile a Palermo, Reggio Calabria o Napoli, perché coesistono diverse organizzazioni». Ma per noi - ribadisce - «quel gruppo criminale si avvaleva del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e omertà. Non abbiamo cambiato idea». Ecco perché sembra certo il ricorso in appello, assicura, anche se «dovremo aspettare le motivazioni, poi valuteremo se e quali parti appellare».


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