mercoledì 13 luglio 2022
Il sindaco di Kiev, Vitalii Klitschko ha incontrato il gruppo italiano di pacifisti del Mean
«Il Papa è benvenuto, lo attendiamo» Il sindaco di Kiev: desideriamo la pace
COMMENTA E CONDIVIDI

Lo si capisce dal fisico imponente che è stato un pugile. Ed è curioso pensarlo accanto a papa Francesco mentre lo accoglierà nella capitale dell’Ucraina. Perché il sindaco di Kiev, Vitalii Klitschko, immagina già il Pontefice nella sua città. Anzi, spinge per una visita. «Vorrei che il Papa venisse in mezzo a noi – spiega –. Faccio mie le parole di Francesco con cui ha espresso la forte intenzione di raggiungere Kiev per toccare con mano il dolore della nostra gente e per far cessare le ostilità. È il benvenuto qui. Non solo. Lo attendiamo». Sindaco al suo secondo mandato, 50 anni, con un passato anche da parlamentare, Klitschko è un po’ lo “Zelensky di Kiev” con il suo approccio deciso, lo stile comunicativo efficace, l’aurea di consenso che lo circonda. Il suo volto è sta- to trasformato in un fumetto nelle gigantografie che avvolgono la principale sala del municipio. Un palazzo dove sulla facciata uno striscione dice il sogno, ormai infranto, di “Mariupol libera” ed esalta i “difensori di Azovstal”, l’acciaieria simbolo della resistenza della città. «Occorre fare di tutto per fermare questa guerra che la Russia ha scatenato – avverte –. Ma c’è bisogno di un impegno attivo, propositivo di tutti: dai governi alla società civile».

C’è spazio per aprire i negoziati?

L’Ucraina è pronta al dialogo. Ma non al compromesso, se compromesso significa rinuncia a una parte del territorio. Se qualcuno arrivasse in Italia e occupasse una o due regioni, poi vi proponesse un accordo che prevede la loro cessione, vuoi accettereste? No di sicuro. Tuttavia la Russia non desidera la pace, bensì la guerra.

Che cosa c’è all’origine dell’invasione delle truppe di Mosca?

La volontà dell’Ucraina di essere parte della grande famiglia europea. Sì, condividiamo i valori intorno a cui la Ue è stata costruita: il rispetto dei diritti umani, la democrazia, la libertà di espressione. Abbiamo sperimentato sulla nostra pelle che cos’è una dittatura negli anni dell’Unione sovietica. Ecco, il Cremlino che ancora oggi governa con metodi autoritari vuole riportare l’Ucraina dentro i confini di un tempo: quelli dell’Urss. Perciò ci sentiamo di affermare che per difendere i capisaldi dell’Europa stiamo pagando un prezzo altissimo.

«Vittoria all’Ucraina», si ripete in ogni angolo del Paese. Ma di fronte c’è il ciclope russo.

È vero che stiamo affrontando un esercito che forse è il più potente del mondo. Ma da ex lottatore posso assicurare che la sola forza fisica, materiale non è sufficiente. Servono volontà e determinazione. Cose che la nostra resistenza sta dimostrando.

Si può essere accanto all’Ucraina solo con le armi?

L’Europa e quindi anche l’Italia possono sostenere il nostro Paese in più modi: con gli aiuti umanitari che ancora sono fondamentali perché in troppi, soprattutto sfollati, hanno perso tutto; con la generosa accoglienza delle nostre donne e dei nostri bambini all’estero, come state già facendo; con la pressione politica; e anche con l’invio di armi. La gente d’Ucraina è sempre stata pacifica. Il supporto militare è vitale per arginare l’aggressore. Inoltre è un errore pensare che questo conflitto sia lontano dall’Italia. Siamo il Paese più esteso d’Europa: è quindi una guerra nel cuore del continente.

Lei ha accolto lunedì in municipio la prima manifestazione italiana di cittadinanza attiva con sessanta “pacificatori” del Mean. Perché?

Perché considero amici chi è a fianco del nostro Paese e, come noi, ambisce alla pace. Apprezzo chi ha il coraggio di venire qui: solo vedendo con i propri occhi la distruzione di oltre trecento edifici soltanto a Kiev o il terrore che si vive, è possibile capire quanto sia necessario spendersi per fermare gli scontri. Ed è anche il miglior modo per annientare un’altra arma che Mosca sta usando: la disinformazione. Ci descrive come nazionalisti esaltati. Io stesso sono la prova che si tratta di una menzogna. Mia mamma è russa. In me scorre sangue russo. Lei vive qui senza aver mai imparato l’ucraino. È stata discriminata? È stata offesa? Mai. Nel nostro Paese la convivenza di nazionalità e lingue diverse è una realtà. E anche una ricchezza da preservare.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI