martedì 29 ottobre 2013
Adesso che il problema è sotto gli occhi di tutti, i nuovi paladini della battaglia fioccano. E per accaparrarsi visibilità utilizzano anche gravi calunnie. VAI AL DOSSIER
EDITORIALE Servire mai usare di Maurizio Patriciello
Piante «anti-scorie» nelle terre dei fuochi (Valeria Chianese)
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Alcuni stanno giocando allo sfascio e alle divisioni. Altri vogliono appropriarsi di questo nuovo corso, considerandolo una torta di soldi e/o politica su cui metter le mani. Sia i primi che i secondi sono nella realtà pochi, assai meno della gente che lotta (e muore di rifiuti tossici), però capaci di fare rumore e adoperare soprattutto il web come clava e spesso facile paravento.Passo indietro. Aria nuova nella (per la) "Terra dei fuochi" sembra tirare da qualche mese. Da quando tutti o quasi i giornali stanno ormai occupandosi della tragedia ambientale, anzi umana, che si consuma a sud di Caserta e a nord di Napoli. E tutte o quasi le televisioni, un paio di volte (almeno) a settimana, stanno ormai mandando in onda reportage per raccontare come da quelle parti ci si ammali più che nel resto d’Italia e la morte usi l’inquinamento per falciare chiunque, bimbi per primi. Dirette conseguenze dello sversamento in quelle terre – un tempo Campania felix – di milioni e milioni di tonnellate d’ogni rifiuto pericoloso, che prosegue imperterrito (illegalmente e ben consapevolmente) da decenni, anche andandovi a seppellire i peggiori scarti industriali del Settentrione.Ecco, questo nuovo corso a qualcuno non piace affatto. Adesso si organizzano manifestazioni per innescare lo sfascismo. Per dividere e – ad esempio – far azzuffare sui social network la gente proprio ora che ha preso atto dello scempio fatto alla terra dove vive, da chi e perché. Adesso, improvvisamente, sono saltati fuori diversi guerrieri e altrettanti padri e padrini di quella "battaglia" per la vita, i più piccoli, l’ambiente: vogliono ribalte, studi televisivi, prime pagine, fors’anche scranni in qualche "Palazzo".Poco importa che, magari, finora siano vissuti a centinaia di migliaia di chilometri di distanza e, mai, si siano sbruciacchiati neppure l’orlo dei pantaloni. Poco importa che certe comparse e certe nicchie politiche buttino fango a palate sul mondo cattolico e su un prete che, suo malgrado, è divenuto simbolo mediatico di quella "battaglia", accusandolo ad esempio di non aver patrtecipato a una manifestazione. E infine importa ancor meno che per accaparrarsi la nuova torta utilizzino calunnie e infamie.«Non sono importante io, ma vincere questa battaglia – ha scritto ieri padre Maurizio Patriciello su Facebook –. Alla manifestazione di Napoli non sono stato invitato». E ancora: «Mi prendo le mie responsabilità, non sono disposto ad addossarmi quelle di altri, dei quali non condivido il modo di pensare e di agire. Siamo in democrazia. Lasciamo libera la libertà. Se, per il futuro, impareremo meglio a dialogare e progettare, tanto di guadagnato. Le idee che si confrontano non mi fanno paura. Tanta pena invece mi fanno coloro che per imporre le proprie ricorrono alla menzogna».
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