sabato 17 giugno 2017
L’Onu denuncia spedizioni illegali verso la Libia. Gli esperti: «Paesi produttori non ne sanno nulla?». Documentata almeno una consegna con un cargo saudita partito da un porto emiratino.
Guerriglieri libici. Sulla presenza di armi italiane il Ministero degli Esteri finora non ha rilasciato dichiarazioni ufficiali (Epa)

Guerriglieri libici. Sulla presenza di armi italiane il Ministero degli Esteri finora non ha rilasciato dichiarazioni ufficiali (Epa)

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Una triangolazione illegale di armi, a quanto pare all’insaputa dei Paesi produttori, tra cui l’Italia. L’ha documentata l’Onu in un rapporto di imminente pubblicazione nel quale gli osservatori delle Nazioni Unite hanno ottenuto le prove di alcune consegne di armamenti partiti dagli Emirati Arabi Uniti e arrivati in Libia. Nel rapporto, i cui contenuti sono stati confermati ad Avvenire da fonti delle Nazioni Unite, si parla di violazioni diffuse. «C’è un aumento generalizzato del supporto esterno alle fazioni armate», è una delle denunce riportate nel dossier. Gli esperti sul campo riferiscono della presenza di armi leggere, di cui gli Emirati sono insaziabili acquirenti proprio dall’Italia.

Contattato da Avvenire, il ministero degli Esteri non ha rilasciato alcun commento ufficiale. In una eventuale triangolazione l’Italia sarebbe parte lesa poiché le licenze per l’esportazione e i contratti con gli acquirenti, vietano la vendita e la cessione di armi ad altri Paesi, specialmente se sottoposti a embargo. La maggior parte degli analisti e degli esperti di intelligence contattati concorda nel ritenere che i Paesi produttori non fossero consapevoli, al momento dell’esportazione negli Emirati Arabi, della reale destinazione degli armamenti. «In caso contrario sarebbero da ritenere complici – osservano diverse fonti Onu–, peraltro contro i propri inte- ressi nella regione, dove gli Usa e praticamente tutti i membri della Nato sostengono il governo di Tripoli a discapito di quello di Tobruk che è il maggiore destinatario delle forniture emiratine».

Alcune fonti della Farnesina fanno però sapere che non si ha notizia di forniture dirette né con il coinvolgimento di Paesi terzi dall’Italia alla Libia negli anni successivi alla rivoluzione del 2011. Per quanto confidenziali, queste informazioni confermano che se qualcuno ha spedito armi «made in Italy» lo ha fatto violando le norme e la fiducia dei fornitori. «Trasferimenti da altri Paesi verso la Libia in violazione delle risoluzioni Onu - dicono le stesse fonti continuano a verificarsi», di fatto soffiando sul fuoco di quella guerra alimentando un0escalation militare «che al contrario l’Italia è impegnata a scongiurare».

A rivelare per primi il contenuto del report sono stati i giornalisti di 'Middle East Eye' che parlano anche di elicotteri da guerra, cacciabombardieri e blindati partiti dagli Emirati e destinati in particolare alle forze del generale Khalifa Haftar, nemico giurato del governo di Tripoli riconosciuto dalla comunità internazionale e sostenuto dal-l’Italia. Le consegne sono avvenute in violazione dell’embargo sulle armi imposto dall’Onu nei confronti della Libia.

Gli investigatori delle Nazioni Unite ricordano che ripetutamente il Consiglio di sicurezza del Palazzo di Vetro ha confermato e intensificato le risoluzioni sulla Libia, proprio per scongiurare un ulteriore peggioramento dello scontro. Entrambe le fazioni avevano chiesto un alleggerimento delle sanzioni proprio alla scopo di approviggionarsi militarmente, ma fino ad ora i due eserciti hanno dovuto appoggiarsi a trafficanti internazionali. Tra le spedizioni ricostruite dagli investigatori dell’Onu una è avvenuta nell’aprile 2016. Una nave cargo saudita partita dagli Emirati ha scaricato nel porto di Tobruk, dove ha sede il quartier generale di Haftar, 90 mezzi blindati e almeno 500 veicoli. Anche gli Stati Uniti sarebbero stati raggirati con finte spedizioni di mezzi di trasporto a scopo civile. L’At-802i è un aereo originariamente sviluppato contro gli incendi, ma è facilmente convertibile in piccolo bombardiere d’attacco. Il produttore, con sede in Texas, è l’Air Tractor Inc, che ha esportato 48 aeromobili negli Emirati Arabi Uniti.

Almeno uno di questi è stato fotografato dal team di investigatori delle Nazioni Unite in Libia. Vernice verde e mitragliere, non aveva affatto l’aspetto di un velivolo anticendio. Secondo il rapporto dell’Onu, «la potenza aerea fornita dalla Emirati Arabi Uniti alle forze di Haftar ha permesso loro di acquisire terreno». Tutto questo mentre torna a salire la tensione nel Mar Rosso dove ieri i ribelli yemeniti Huthi hanno sparato razzi proprio contro una nave militare degli Emirati, non causando danni ma ferendo un membro dell’equipaggio. Si tratta di uno dei cargo usato per la spedizione di armi.

L’attacco è infatti avvenuto da postazioni di insorti nei pressi del porto yemenita di Mokha, vicino all’ingresso meridionale del Mar Rosso. Si tratta del primo episodio del genere da quando il 9 giugno scorso è scoppiata la più grave crisi politico-diplomatica nel Golfo, tra Qatar da una parte e Arabia Saudita, Emirati, Egitto e Bahrain dall’altra. Emirati e sauditi accusano il Qatar di essere «sponsor del terrorismo» in vari teatri della regione, tra cui Libia e Yemen.

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