mercoledì 8 novembre 2017
Il campo di calcio dedicato ad Antonio, vittima innocente di camorra
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Non più terra battuta e pietre, ma un campo di calcio vero a Scampia che avrà il nome di Antonio Landieri, vittima innocente di camorra. Il rifacimento del campo di calcio di via Hugo Pratt, realizzato con la gomma riciclata da pneumatici fuori uso, è stato possibile grazie al protocollo contro l’abbandono dei pneumatici nella Terra dei fuochi siglato da Ministero dell’Ambiente, Comuni e Prefetture di Napoli e Caserta ed Ecopneus.

Sarà inaugurato l'8 novembre 2017 con i tanti giovani del quartiere iniziati al calcio dall’“allenatore di strada” Antonio Piccolo, dove si sono allenati e hanno giocato società sportive come l’Arci Scampia, l’Oratorio Don Guanella, che milita nel campionato di Promozione, Stella Rossa e Gioventù Partenope. Un sogno che si realizza per Scampia e soprattutto per Rosario Esposito La Rossa, scrittore ed editore, cugino di Antonio Landieri, per gli altri familiari di Antonio e l’associazione Voci di Scampia, che hanno raccolto 2mila firme affinché al loro amico e congiunto venisse concesso questo tributo. È “l’altra Scampia”, quella che non teme il futuro né la speranza. Che mescola memoria, impegno civile e sport.

L’intitolazione dello stadio ad Antonio Landieri avviene tredici anni dopo la sua morte, avvenuta il 6 novembre 2004 durante la guerra di camorra nota come faida di Scampia tra gli Scissionisti e i Di Lauro per il controllo criminale del territorio. Aveva 24 anni quando fu colpito, per errore, durante un agguato. Quel giorno Antonio era in un circolo ricreativo del rione Sette Palazzi di Scampia. Giocava a calcio balilla insieme a cinque amici, lui che con il pallone non poteva giocare a causa di una grave disabilità motoria provocata da un parto difficile alla nascita. Un handicap fatale quando un commando degli scissionisti investì con una pioggia di proiettili i ragazzi intorno al biliardino. Inizialmente il ragazzo fu creduto contiguo ai clan e la prefettura vietò anche i funerali pubblici. Ma poi una lunga battaglia giudiziaria e l’impegno costante per difenderne la memoria portato avanti dalla sua famiglia e da Rosario Esposito La Rossa gli hanno restituito la sua dignità.

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