mercoledì 29 novembre 2017
La donna, da 17 anni in azienda, ha due figli e il più piccolo è disabile. I sindacati organizzano un presidio per il 5 dicembre.
La mamma licenziata, Ikea: «Decisione difficile ma necessaria»
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Ikea licenzia una lavoratrice, madre separata con due figli di cui uno disabile, perché non può cominciare a lavorare alle 7 del mattino. In solidarietà con la donna, Marica Ricutti, 39 anni, i colleghi di Corsico hanno scioperato martedì per due ore e al termine di un'assemblea hanno deciso per il 5 dicembre un presidio davanti al luogo di lavoro.

La donna, che lavora in azienda dal 17 anni, aveva accettato il cambiamento di reparto nel punto vendita alle porte di Milano, chiedendo che il gruppo svedese le andasse incontro per gli orari. All'inizio Ikea avrebbe dato l'assenso ma poi l'atteggiamento sarebbe cambiato. A Marica è stato contestato l'orario che faceva prima (con inizio alle 9 di mattina) e che aveva adottato nel nuovo reparto. La settimana scorsa è arrivato il licenziamento in tronco essendo venuto meno il rapporto di fiducia con la lavoratrice (che ha l'articolo 18) in due occasioni nella quali la donna si è presentata al lavoro in orari diversi da quello previsto.

Il caso ha suscitato una vasta eco: il viceministro allo Sviluppo economico Teresa Bellanova in un post su Twitter ha chiesto all'azienda di mobili svedese di ripensarci. Titti Di Salvo, vicepresidente dei deputati del Partito democratico, ha fatto sapere di aver depositato una interrogazione parlamentare "per chiarire le motivazioni che hanno spinto Ikea a licenziare" la donna.

"Esprimiamo tutta la nostra solidarietà a Marica, la lavoratrice di Ikea licenziata a Corsico. È un fatto molto grave, inaccettabile, che ripropone nel nostro paese quanto sia difficile per le donne conciliare il lavoro con la cura della famiglia". Lo sottolinea la segretaria generale della Cisl, Annamaria Furlan. È una vicenda che mortifica tutte le donne madri. Ikea deve tornare sui propri passi e rispettare le norme che tutelano le lavoratrici madri. Con la contrattazione si possono affrontare le questioni che riguardano la tutela della maternità, ma occorre buon senso e corrette relazioni sindacali. Il rispetto per le donne passa anche attraverso il riconoscimento del lavoro di cura e di assistenza ai propri familiari, soprattutto quando si tratta di persone deboli e non autosufficienti".

La nota di Ikea: decisione difficile ma necessaria

Non si è fatta attendere la replica di Ikea, che parla di "decisione difficile quanto necessaria". "L'azienda si è sempre dimostrata disponibile a concordare le migliori soluzioni per contemperare le necessità della lavoratrice con le esigenze connesse al suo lavoro".

Negli ultimi 8 mesi, continua la nota, la signora Ricutti "ha lavorato meno di 7 giorni al mese e, per circa la metà dei giorni lavorati, ha usufruito di cambi di turno e spostamenti di orario, concordati con i colleghi e con la direzione del negozio. Nell'ultimo periodo, in più occasioni, la lavoratrice - per sua stessa ammissione - si è autodeterminata l'orario di lavoro senza alcun preavviso né comunicazione di sorta, mettendo in gravi difficoltà i servizi dell'area che coordinava e il lavoro dei colleghi, creando disagi ai clienti e disservizi evidenti e non tollerabili. Di fronte alla contestazione di tali episodi e alla richiesta di spiegazioni da parte dei suoi responsabili su questo comportamento, la signora Ricutti si è lasciata andare a gravi e pubblici episodi di insubordinazione. Sulla base dei propri valori, del rispetto dovuto alla totalità dei propri collaboratori e della cura dei propri clienti, IKEA, pur avendo fatto il possibile per andare incontro alle richieste della lavoratrice, ha ritenuto non accettabili comportamenti di questo tipo che hanno compromesso la relazione di fiducia. Alla luce di questa insostenibile situazione, l'azienda è giunta alla decisione di interrompere il rapporto di lavoro".

In Ikea lavorano più di 6.500 collaboratori diretti, in oltre 21 punti vendita. Il 90% è impiegato con un contratto a tempo indeterminato.

Aggiornamento del 3 aprile

Il giudice del lavoro di Milano dà ragione all'Ikea

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