giovedì 4 ottobre 2018
La misura resta triennale dopo un braccio di ferro con Tria e la diffidenza della Lega. Ma non c’è ancora traccia dei criteri di erogazione attesi, «è tutto in divenire»
I nodi critici della manovra
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PENSIONI. Dalla Lega fanno sapere che ci saranno 10 miliardi per la metà 'verde' della manovra, che andranno per 7 miliardi alla riforma della legge Fornero che consentirà, ha esultato Salvini, «da inizio anno» e comunque prima di aprile di uscire in anticipo – «senza penalizzazioni, senza paletti, senza limiti, senza tetto al reddito» – a «400 mila persone». In arrivo anche 10mila assunzioni nelle forze dell’ordine e la flat tax per le partite Iva, al 15% fino a 65mila euro, con una seconda aliquota al 20% sul reddito aggiuntivo fino al 20% che potrebbe arrivare però solo l’anno successivo, previo via libera Ue. Confermata anche la mini-Ires sugli utili reinvestiti in azienda per assunzioni e macchinari. Proprio ieri in mattinata Il Centro studi di Confindustria aveva ammonito: «Evitare passi indietro pericolosi rispetto a quel processo di riforma del sistema pensionistico in atto dal 1992 che ha reso la spesa previdenziale Italia sostenibile nonostante l’invecchiamento della popolazione e ha fatto guadagnare credibilità al Paese».

FISCO. In attesa di conoscere i dettagli sulla «pace fiscale», ieri ha esordito il nuovo direttore dell’Agenzia delle Entrate, Antonio Maggiore. Per il quale anzitutto non c’è motivo di rinviare l’obbligo, anche negli scambi tra privati, di compilare la fattura elettronica, anche perché nei primi test non si sono verificate «criticità». Ed è meglio evitare esoneri per singole categorie, perché renderebbe troppo complicato il sistema sia per gli operatori sia per i controlli, favorendo il rischio di «frodi ed evasioni Iva». Maggiore ha spiegato davanti ai deputati i vantaggi del nuovo strumento per le partite Iva, ricordando che l’Agenzia ha già messo a disposizione i dispositivi tecnici ed è pronta a «semplificare al massimo» lo strumento, ma anche che non ci saranno sconvolgimenti perché «non si cambiano le regole della fatturazione, solo la modalità con cui effettuarla». Quindi non è necessario spostare, come chiede qualche deputato, l’entrata in vigore dell’obbligo generalizzato, previsto dal 1 gennaio 2019, dal quale ci si attende peraltro un maggiore gettito di 2 miliardi.

TAGLI E CLAUSOLE. Anche con l’extradeficit servono intorno ai 10 miliardi di coperture. Il Def non entrerà nel dettaglio, ma dovrà almeno indicare i capitoli dove le «mani di forbici» andranno a tagliare. I settori tradizionali delle 'spending' (sanità, scuola) sono stati dichiarati «intoccabili» da M5s, un po’ meno dalla Lega. Al contrario, sulle detrazioni fiscali è la Lega a fare muro perché Salvini non vuole si tocchi nulla (nemmeno gli 80 euro di Renzi) sino a quando non ci sarà la riforma dell’Irpef. Di Maio ieri ha annunciato interventi per togliere «agevolazioni» alle banche, altri soldi dovrebbero arrivare dalla riduzione delle 'pensioni d’oro' mentre la pace fiscale va considerata un’entrata 'una-tantum'. Per tenere comunque fermi gli obiettivi di deficit (2,4 nel 2019, 2,1 nel 2020 e 1,8 nel 2021) il governo dovrebbe introdurre una nuova clausola di salvaguardia. Anche qui abbondano le ipotesi: l’aumento Iva, come è stato sinora? Tagli lineari? Interventi mirati su alcune voci di spesa? Sino a quando la Nota di aggiornamento non sarà pubblica, è tutto un rebus.

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