giovedì 22 ottobre 2020
I timori per l’andamento dei contagi, le ragioni per cui non siamo tornati nella situazione di marzo, il nodo dei comportamenti individuali: parla il direttore dello Spallanzani di Roma
Giuseppe Ippolito

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È preoccupato ma ottimista, Giuseppe Ippolito, direttore scientifico dell’Istituto nazionale per le Malattie infettive Lazzaro Spallanzani di Roma e membro del Comitato tecnico scientifico. Perché i ricoveri aumentano, sì, eppure «la percentuale resta stabile al 4,5% rispetto al totale dei positivi». E perché anche il numero dei morti è destinato ancora salire, ma la differenza possiamo farla noi, «coi nostri comportamenti». Quelli che adesso vanno mutati in fretta, e radicalmente, tornando a prima dell’estate.

Professore, cosa dobbiamo aspettarci da questa curva nei prossimi giorni?
L’incremento dei casi dell’ultima settimana-dieci giorni è certamente preoccupante. Rispetto a marzo-aprile oggi abbiamo un quadro più chiaro, visto che il numero di tamponi che facciamo in questi giorni è cinque volte superiore a quelli che si facevano tra marzo e aprile, per cui riusciamo ad intercettare moltissimi asintomatici che prima ci sfuggivano. Un dato che rimane stabile da qualche mese ormai è la percentuale dei ricoverati in reparto (circa 4,5%) e in terapia intensiva (0,5%) rispetto al totale dei positivi. Sembrano numeri piccoli, ma su 10mila casi giornalieri stiamo parlando di 450 ricoverati e 50 ammessi in terapia intensiva al giorno. Il numero dei decessi segue con qualche settimana di ritardo queste curve, e quindi purtroppo c’è da attendersi un ulteriore incremento anche di questo indicatore.

Che cosa abbiamo sbagliato e dove, per trovarci nello spazio di appena dieci giorni in questa situazione?
Qualcuno ha sbagliato a pensare che con l’estate e il calo dei contagi di giugno e luglio l’emergenza fosse finita. Abbiamo sbagliato – non tutti a dire la verità – a dare ascolto a chi ci diceva che il virus era morto. L’inizio della stagione fredda, con la maggiore tendenza a stare al chiuso, dove la trasmissione del virus è più facile, ha fatto il resto.

Parliamo del sistema di tracciamento: ora non siamo più in grado di controllare i casi, viene chiesto alla gente di stare a casa. Perché?
Ogni caso positivo nelle due settimane precedenti la diagnosi ha avuto rapporti potenzialmente infettanti con una media di quindici- venti persone. I duemila casi positivi fatti registrare negli ultimi giorni dalla Lombardia richiedono quindi il tracciamento potenziale di trenta-quarantamila persone. Ogni giorno! Un grande aiuto potrebbe venire dalla app Immuni: funziona, è facile da usare, garantisce privacy e sicurezza. Forse dovremmo cominciare a ragionare su come promuovere il suo utilizzo: comunicazione istituzionale ma anche, per esempio, l’obbligo di installarla se per esempio si vuole prendere un treno o un aereo.

Ora fermiamo la movida e – forse – lo sport. Basterà secondo lei?
Nessun provvedimento, neanche il più drastico, serve se non è accompagnato dalla responsabilità individuale e collettiva di ciascuno di noi. La politica può cercare di trovare il compromesso più accettabile tra le ragioni della scienza e le esigenze sociali ed economiche, mettendo al primo posto il lavoro e la scuola. Anche l’aperitivo può essere preso in sicurezza, anche in palestra si può essere prudenti: ciascuno di noi sa bene come comportarsi e quali sono le regole da seguire. Se un bar non garantisce il distanziamento andiamo da un’altra parte, se in palestra non si rispettano i protocolli sanitari andiamo a fare una corsa al parco.

Perché sono tornati i contagi tra i medici dei reparti negli ospedali e nelle Rsa? Questi luoghi dovevano essere diventate roccheforti...
La percentuale degli operatori sanitari tra i positivi è in calo costante da parecchie settimane ormai. Certo fa notizia un medico o un infermiere che si infetta o muore per Covid-19, ma la situazione oggi è certamente migliore rispetto a cinque-sei mesi fa, ci sono protocolli consolidati, ci sono dispositivi di protezione ampiamente disponibili, c’è maggiore consapevolezza di quali sono le procedure da utilizzare e i comportamenti da evitare. Oggi sappiamo come tutelare i ricoverati in ospedale o i nostri anziani nelle Rsa: chi non lo fa commette un crimine.

Com’è in questo momento la situazione dello Spallanzani?
La situazione dello Spallanzani è la stessa di tutta la rete sanitaria della Regione Lazio di cui esso fa parte: al momento c’è grande attenzione ai segnali di criticità che vediamo.

A che punto è la sperimentazione del vaccino tutto italiano?
I test stanno procedendo come previsto dalla tabella di marcia. Stiamo completando la vaccinazione del primo gruppo di volontari, quelli di età compresa tra i 18 e i 45 anni; dopo la valutazione dei risultati, si inizieranno a testare i volontari di età superiore ai 65 anni. In questa fase dobbiamo valutare la sicurezza, la capacità del preparato di generare una risposta immunitaria, e individuare la dose che costituisca il punto di equilibrio ottimale tra efficacia e possibili effetti avversi. ©

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