martedì 8 novembre 2022
Il governo apre ma si prepara a un nuovo invio: verso il sesto decreto
Roma, 5 novembre 2022. Manifestazione per la pace

Roma, 5 novembre 2022. Manifestazione per la pace

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«Sono otto mesi che il Parlamento non discute della situazione in Ucraina. Avremo il diritto di chiederci se la strategia di marzo sia valida ancora oggi? Avremo il diritto di chiederci se l’invio di armi è davvero la strada più adatta agli obiettivi che si è data la comunità internazionale?». Riflettendo sul dopo 5 novembre, Giuseppe Conte annuncia la prossima mossa: chiedere ufficialmente al governo di presentarsi in Aula prima del sesto decreto interministeriale per l’invio di armi a Kiev.

Un decreto che è dato per scontato da tutti gli attori politici. Il pressing di Kiev e Bruxelles su Roma sale giorno dopo giorno di intensità. La richiesta del presidente ucraino Volodymyr Zelensky al governo italiano è chiara da tempo: servono ancora aiuti militari. E altrettanto chiara è quella del segretario generale della Nato Jens Stoltenberg: per l’alleanza è fondamentale che l’Italia continui a fare la sua parte. I contatti si accavallano, in queste ore. Giorgia Meloni e il ministro della Difesa Guido Crosetto mandano ripetuti segnali agli alleati internazionali. Punto uno: la Nato è indispensabile per difendere la sicurezza e i valori comuni che caratterizzano l’identità occidentale. Punto due: pieno sostegno all’Ucraina contro l’aggressione russa e l’importanza, nell’ottica di un approccio globale, di rafforzare l’impegno della Nato. Insomma «l’Italia c’è». Al fianco dell’Ucraina e a fianco della Nato. E in questo quadro le richieste di Kiev e Bruxelles di un sesto invio di aiuti militari dovrebbe essere soddisfatta prima della fine del 2022. Ancora non c’è un piano definito ma giovedì gli alleati della Nato si ritroveranno a Roma per la Nato cyber defence pledge conference 2022, appuntamento organizzato alla Farnesina dall’Italia in collaborazione con gli Stati Uniti. E quel giorno Stoltenberg si confronterà sia con Meloni che con Crosetto.

Il quadro internazionale sembra definito. Ma che cosa succede in Italia dopo la manifestazione di sabato? Ci sarà o no un passaggio parlamentare per dare il via libera al sesto invio di aiuti militari? Crosetto non rinuncia alla polemica con il leader del M5s Giuseppe Conte: «Dice che non mi devo azzardare a un nuovo invio di armi senza passare dal Parlamento. Conte può stare sereno, il ministero, non il ministro (che non dispone delle istituzioni né delle organizzazioni, ma le rappresenta e le serve) seguirà le leggi come ha sempre fatto dalla sua istituzione in età Repubblicana», fa sapere con una nota della Difesa. La linea ufficiale coincide con le parole ripetute nelle conversazioni più riservate. Crosetto (con il totale sostegno di Giorgia Meloni) ripete che se non cambia il quadro in Ucraina l’Italia (probabilmente prima della fine dell’anno) manderà una sesta fornitura di aiuti militari. E gli «incoerenti» - spiegano in maniera riservata ai piani alti della Difesa - sono i 5 stelle che hanno detto cinque volte sì ai cinque invii di armi e che ora cambiano «radicalmente posizione per strumentalizzare le ragioni e il corteo delle associazioni pacifiste».

Scontata la linea del governo. Altamente probabile l’invio di nuovi aiuti militari. Resta un nodo da sciogliere: passaggio parlamentare sì o no? Se l’invio dovesse partire entro il 2022 non sarebbe tecnicamente necessario, sarebbe sufficiente, come in precedenza, il passaggio al Copasir con successiva secretazione della lista del materiale bellico. Ma la decisione è politica. Sia Crosetto che Meloni non sono preoccupati dall’idea di un confronto largo alle Camere. Anzi - ripete questa volta solo ai collaboratori più fidati il ministro della Difesa - il centrodestra è assolutamente compatto e alla fine tutto il Terzo polo e una buona parte del Pd sanno che mettere in discussione il legame con Europa e Nato avrebbe effetti pericolosi. E non è un caso se l’ex ministro della Difesa del Pd Lorenzo Guerini assicura lontano dalle telecamere che il Pd ha il dovere di sostenere un eventuale sesto decreto come accaduto con i cinque precedenti.Con l’incombere della manovra, trovare spazio nelle aule non è facile. E se M5s preme, il Pd invece è più prudente consapevole delle spaccature che si registrerebbero nelle opposizioni al momento di votare delle risoluzioni. In ogni caso, se anche non ci sarà un dibattito sul sesto invio, sarà inevitabile, se il governo vorrà continuare a spedire armi anche nel 2023, varare un decreto legge entro la fine dell’anno. Il confronto in Aula sulle armi, insomma, se non arriverà nelle prossime settimane arriverà entro la fine dell’anno.

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