mercoledì 14 marzo 2018
Un anno nero: gli scontri, le bombe, l’impennata dei prezzi, il sequestro Sossi e piazza della Loggia. Alla fine, una luce: Paolo VI apre il Giubileo
Brescia, alle 10.12 del 28 maggio 1974 una bomba esplode durante un comizio antifascista  in piazza della Loggia: otto morti (foto Ansa).

Brescia, alle 10.12 del 28 maggio 1974 una bomba esplode durante un comizio antifascista in piazza della Loggia: otto morti (foto Ansa).

COMMENTA E CONDIVIDI

Di anni-no, o anni neri che dir si voglia, l’Italia ne ha attraversati parecchi nel corso della sua travagliata esistenza, dall’Unità in avanti. Ma di anni-no emblematici come il 1974 ne ha vissuti davvero pochi, almeno in periodo di pace. Il 1974, dunque: dodici mesi che mettono il Paese di fronte alla fragilità estrema dell’economia, della politica, degli stessi assetti democratici. I prezzi salgono alle stelle, la benzina diventa merce rara (come lo zucchero e la carne, ma gli arabi e il taglio delle forniture di petrolio non c’entrano), il governo vara nuove tasse e soprattasse, a Napoli le donne scendono in strada contro l’impennata del prezzo del pane... Perfino per il pane si deve lottare.

Nello smarrimento generale fa sentire la sua voce paterna e invia un messaggio di incoraggiamento papa Paolo VI, che il 2 febbraio pubblica l’esortazione apostolica Marialis cultus. Da Maria, dice il Santo Padre, verrà «la vittoria della speranza sull’angoscia e della comunione sulla solitudine». Vittoria di cui l’Italia e il mondo hanno davvero bisogno. Dieci giorni dopo, un evento apparentemente di portata locale scuote la rassegnata apatia di larghi strati di una società presa nella morsa di una crisi senza precedenti: passerà alla storia come il convegno sui mali di Roma ed è l’incontro promosso dal cardinale vicario Ugo Poletti per proporre una rotta sicura a una città ormai senza bussola. «Responsabilità dei cristiani di fronte alle attese di carità e giustizia nella diocesi di Roma» è il titolo, ma ci vuol poco a capire che le attese della capitale sono le medesime di larga parte di un Paese che scopre giorno dopo giorno il senso vero di una parola diventata di moda, austerità. Austerità non è tanto l’iniziativa folkloristica delle domeniche senz’auto, è fabbriche in crisi e cassa integrazione, è inflazione al 20 per cento, è taglieggiamento dei salari, è benzina che passa da 200 a 260 e poi a 300 lire al litro, è speculazione sui beni di prima necessità...

E intanto la politica cosa fa? Si accontenta di votare e subito impallinare governi (il ’74 è l’anno di tre esecutivi di Mariano Rumor, fino all’uscita definitiva di scena di questi il 23 novembre, quando subentrerà Aldo Moro), di decretare l’imposta una tantum sulle auto, di svalutare la lira, di decidere che non si può andare all’estero con più di 20 mila lire (10 euro) di denaro contante in tasca, di stabilire che per le merci importate bisogna depositare l’equivalente del 50 per cento del loro valore. Misure da economia di guerra.

In effetti, economia a parte, l’Italia vive una stagione di guerra strisciante: scontri di piazza, bombe, attentati, sequestri di persona, rivolte nelle carceri. Il 18 aprile la Brigate rosse sequestrano a Genova il magistrato Mario Sossi, il 9 maggio una rivolta nel carcere di Alessandria viene domata al prezzo di sette morti, il 28 maggio in piazza della Loggia a Brescia una bomba fa sette vittime, il 4 agosto è strage sul treno Italicus a San Benedetto Val di Sambro, sulla linea tra Firenze e Bologna. I morti sono dodici.

Vanno un po’ meglio le cose a livello internazionale. Il 24 aprile in Portogallo la rivoluzione dei garofani dissolve il regime autoritario instaurato nel lontano 1932 da Antonio Salazar; a giugno il presidente americano Richard Nixon incontra a Mosca Leonid Breznev aprendo spiragli di dialogo tra le superpotenze; il 23 luglio cade in Grecia la dittatura dei colonnelli iniziata con il colpo di stato del 21 aprile 1967.

Ma torniamo in Italia. Il 12 maggio i cittadini sono stati chiamati alle urne per una consultazione di tipo inedito, un referendum. Ce n’era stato in precedenza solo un altro, il 2 giugno 1946, per scegliere tra monarchia e repubblica, stavolta si deve dire se la legge che ha istituito il divorzio vada abrogata oppure no. Vince il no, 59,26% contro 40,74%, così il divorzio rimane.

La campagna per il sì, cioè per l’abrogazione, aveva visto un deciso impegno del mondo cattolico e del nostro giornale. In aprile uno speciale di Avvenire dedicato all’imminente appuntamento con le urne aveva raggiunto la tiratura record di quattro milioni di copie, diffuse da un angolo all’altro del Paese.

L’anno nero 1974 si chiude con una prospettiva di speranza per l’umanità grazie ad un evento che vede ancora una volta protagonista Paolo VI. La notte di Natale, ad una settimana dall’inizio del nuovo anno, il Papa apre la Porta Santa della basilica vaticana: è il gesto che dà avvio al 25esimo giubileo della Chiesa. Sarà, come ha deciso il Pontefice, l’Anno Santo del rinnovamento e della riconciliazione.

VAI AL 1973 | VAI AL 1975

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI