domenica 8 ottobre 2017
Per i lavoratori stagionali degli agrumi sono state predisposte (pur con ritardi) nuove sistemazioni. Ma loro non ci vanno
Rosarno. La nuova tendopoli di San Ferdinando

Rosarno. La nuova tendopoli di San Ferdinando

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Una tendopoli di serie A e una di serie B. Una di fronte all’altra. A San Ferdinando, piana di Gioia Tauro. La prima con tende nuove, ignifughe e con impianto elettrico, moduli con servizi igienici, docce e mensa, e perfino chiesa e moschea. La seconda – in realtà una baraccopoli – con tende deteriorate, fili elettrici volanti, bagni e docce scassate. La prima ospita circa 500 lavoratori migranti, il massimo della capienza. La seconda ne ha già 300 ma potrebbe superare i mille coi continui arrivi dei braccianti per la raccolta degli agrumi. Una situazione che si voleva evitare, ma che alla fine non si è riusciti, tra ritardi nella realizzazione della nuova tendopoli, resistenze delle amministrazioni locali nel fornire soluzioni alternative e dignitose, ma anche di una parte minoritaria dei migranti che ha chiesto di restare nella baraccopoli malgrado le condizioni di degrado. Resta così monco il progetto che prevedeva la nuova tendopoli, capannoni industriali adattati per l’ospitalità e accoglienza diffusa nei comuni per eliminare la vecchia tendopoli. Una vicenda che Avvenire ha seguito passo passo.

I lavori per la nuova struttura sono cominciati nel luglio 2016 con l’intenzione di finire entro l’autunno per l’arrivo dei lavoratori migranti stagionali. Ma tra errori, ritardi e scelte discutibili sulle quali sta indagando la magistratura, per mesi il cantiere è fermo. Intanto la vecchia tendopoli cresce a dismisura circondata da centinaia di baracche: più di duemila persone rispetto alle 400 previste quando venne realizzata nel 2010, dopo la rivolta dei migranti contro lo sfruttamento. Mentre le bellissime nuove tende, già acquistate, restano in magazzino. Finalmente i lavori riprendono, grazie soprattutto al forte impegno dalla Protezione civile regionale, ma solo il devastante incendio che il 2 luglio incenerisce centinaia di baracche dà una forte accelerazione. È anche il momento più favorevole, perché d’estate i braccianti si spostano in Puglia e Sicilia per le raccolte.

Oltretutto, grazie all’impegno del prefetto di Reggio Calabria Michele di Bari, si riesce ad attrezzare anche un capannone. Si arriva così al 18 luglio, quando finalmente comincia il trasferimento nella nuova tendopoli, superando resistenze e incomprensioni dei migranti, fomentati dai soliti agitatori di professione italiani. L’intenzione è di completare il trasferimento delle poche centinaia di mi- granti presenti per poi passare all’abbattimento della vecchia struttura. Dopo estenuanti trattative condotte da Questura e Prefettura, gran parte dei migranti si trasferiscono. Nel giro di pochi giorni la nuova tendopoli si riempie. In quella vecchia rimangono poco più di cento. Ma si spera di convincerli a spostarsi o nel capannone, che può ospitarne quasi 300, o nelle tende che sono state aggiunte nella nuova struttura. Così, con discrezione, si comincia ad abbattere le baracche. I responsabili delle forze dell’ordine vogliono evitare prove di forza. Si arriva così a venerdì scorso, giorno fissato per il completamento del trasferimento. Ma è tardi. I migranti resistono. Incredibilmente preferiscono la baraccopoli.

Forse, sospettano gli investigatori, ci sono altri interessi poco limpidi. Oltretutto coi nuovi arrivi sono ormai più di 300. E chissà quanti ne arriveranno. Questa volta le mediazioni non hanno buon esito. Tutto rimandato all’anno prossimo. Per quest’anno due tendopoli. Ma non è una bella notizia.

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