giovedì 5 settembre 2019
Con l’addio di Salvini si punta a superare la «logica emergenziale» con nuove norme contro il traffico di persone e a rafforzare l’integrazione
Migranti su un barchino soccorsi dalla nave Alan Kurdi (Ansa/Twitter Sea-Eye)

Migranti su un barchino soccorsi dalla nave Alan Kurdi (Ansa/Twitter Sea-Eye)

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Nel programma figura al paragrafo 18 (dei 29 totali) e si esaurisce in poche battute. Si tratta però di un passaggio piuttosto denso, tanto da far ritenere che la questione immigrazione sia destinata a restare una dei temi cruciali dell’azione di governo . Le nuove opposizioni, a partire dell’ex ministro dell’Interno Matteo Salvini, che sulla guerra senza quartiere agli sbarchi e alle Ong ha costruito la sua carriera politica, certo non faranno sconti al nuovo esecutivo. Ma a far ritenere che le politiche migratorie subiranno se non una svolta perlomeno una significativa correzione ci sono sia gli impegni programmatici sia le persone che saranno chiamate a metterli in pratica.

Il passaggio delle consegne al Viminale, con l’arrivo del prefetto di Milano Luciana Lamorgese, già capo di gabinetto di Angelino Alfano proprio all’Interno, promette una gestione dei dossier molto più tecnico-istituzionale e depurata dagli intenti propagandistici di quanto sia accaduto negli ultimi 14 mesi. Anche per questo probabilmente la scelta, propiziata dal Quirinale, si è indirizzata su un tecnico e non su un politico, con l’obiettivo di raffreddare la temperatura del confronto pubblico sui migranti.

Quanto alle linee di intervento, il testo del governo sottolinea innanzitutto la necessità di «promuovere una forte risposta europea al problema dei flussi migratori», da ottenere soprattutto «riformando il Regolamento di Dublino» (che assegna al Paese di ingresso nella Ue il compito di esaminare le domande di asilo). Occorre, si afferma poi, «superare una logica puramente emergenziale a vantaggio di un approccio strutturale che affronti la questione nel suo complesso». Come? Attraverso una «organica normativa che persegua la lotta al traffico illegale di persone e all’immigrazione clandestina ma che al contempo affronti i temi dell’integrazione». Il programma punta quindi al superamento della vecchia Bossi-Fini (datata 2002), mentre il solo riferimento all’integrazione indica un possibile cambio di stagione.

«Siamo alla presa d’atto – ha commentato il segretario del Pd Nicola Zingaretti – che l’Italia non ha avuto politiche sull’immigrazione in questo anno, ma è stato usato questo tema per mettere paura agli italiani. Ora dobbiamo ricostruire una nuova politica sui migranti che si fondi su sicurezza e legalità, ma anche sull’umanità». E quanto l’argomento resti decisivo lo si evince anche dalla parole di Luigi Di Maio. Il capo dei 5 stelle non ha avuto, come voleva, la poltrona del Viminale.

Ma anche da ministro degli Esteri si occuperà della questione: «L’attenzione verso l’Africa, il tema delle migrazioni e le relazioni con le nuove economie emergenti saranno tra le linee guida su cui costruirò il mio lavoro». Dopo le promesse non mantenute del precedente governo sui rimpatri di massa il rapporto con i Paesi di provenienza dei migranti resta centrale.

Primo banco di prova in Parlamento sarà la revisione del decreto sicurezza-bis: «La disponibilità dovrà essere rivisitata alla luce delle osservazioni del presidente della Repubblica», afferma il programma tentando una mediazione tra le esigenze del Pd, che chiede una netta discontinuità con il governo giallo-verde, e quelle del M5s, che punta a farsi paladino della linea della fermezza, magari depurata dagli eccessi salviniani. Nel firmare il dl Sergio Mattarella aveva espresso «rilevanti perplessità» su alcune misure a partire dalla maxisanzioni per le navi che violano il divieto di ingresso in acque italiane e ricordato che il divieto va disposto «nel rispetto degli obblighi internazionali dell’Italia» che impongono di soccorrere i naufraghi e di conformarsi al diritto internazionale.

In attesa di modifiche legislative, intanto, va affrontata la realtà, che tutti i giorni ci racconta di nuovi approdi. E c’è da vedere cosa succederà quando la prossima nave umanitaria tenterà di entrare in acque italiane con un gruppo di migranti soccorsi. Il contestato decreto dà al capo del Viminale la facoltà di «limitare o vietare l’ingresso» alle navi «per motivi di ordine e sicurezza pubblica». Ma si tratta appunto di un’opzione, non di un obbligo, che il nuovo ministro e il nuovo governo potranno scegliere o meno. Rivelando nel concreto la direzione del nuovo corso.


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