martedì 3 settembre 2019
I militanti possono esprimersi fino alle 18. Dopo qualche rallentamento iniziale per via dell'eccesso di accesso, sulla piattaforma alle 16 hanno votato 73mila iscritti, un «record mondiale».
Aperta la consultazione degli iscritti M5s sul governo con il Pd
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Urne telematiche aperte sulla piattaforma Rousseau dalle 9 alle 18 per gli iscritti che devono decidere se dare il via libera o meno all'accordo con il Pd per fare nascere il nuovo governo. I militanti devono rispondere ad un quesito piuttosto chiaro: "Sei d'accordo che il MoVimento 5 Stelle faccia partire un Governo, insieme al Partito Democratico, presieduto da Giuseppe Conte?". Dopo alcuni rallentamenti ad inizio giornata, dovuti all'eccesso di accessi precisano dal movimento, alle ore 16 hanno votato 73mila iscritti. «Un record mondiale», lo definisce Davide Casaleggio. Di Maio soddisfatto: «Comunque vada M5s ha già vinto».

Dunque per il nascente esecutivo giallo-rosso è finalmente arrivato il “D-Day”. Oggi il popolo pentastellato potrà esprimersi sull’accordo di governo con il Pd e suggellare (o eventualmente mandare all’aria) le due settimane di estenuanti trattative che hanno portato all’intesa tra i due partiti. Le urne telematiche della piattaforma Rousseau, gestite dall’omonima associazione presieduta da Davide Casaleggio, saranno aperte dalle 9 alle 18 e l’affluenza attesa potrebbe superare i 50mila votanti (sui 115.372 aventi diritto). Prima d’ora è successo soltanto due volte: quando si è trattato di riconfermare la fiducia a Luigi Di Maio come capo politico del Movimento e in occasione della richiesta di autorizzazione a procedere contro Matteo Salvini per il caso della nave Diciotti.
Il quesito è stato reso pubblico nella tarda serata di domenica: «Sei d’accordo che il Movimento 5 stelle faccia partire un governo, insieme al Partito democratico, presieduto da Giuseppe Conte?».

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Una formulazione chiara che, a differenza di quanto accaduto per l’alleanza con la Lega, cita esplicitamente il nome dell’altro contraente del patto. Ma non è l’unica differenza. Stando a quanto evidenziato da Repubblica, il bottone del “no”, nella prima versione comparsa ieri, precedeva quello del “sì”, al contrario di quanto avvenuto per le consultazioni sul “governo del cambiamento”. Una collocazione che nel pomeriggio di ieri è stata poi invertita.

Ad ogni modo la vigilia del voto ha chiarito alcuni punti fermi. Il primo è la certezza che se la base boccerà l’accordo il governo salterà. Un concetto ribadito più volte da molti big del Movimento, quasi a voler rassicurare le critiche di molti iscritti che hanno storto i naso di fronte a una trattativa avviata senza la benedizione degli elettori. «Da noi le decisioni si prendono insieme, e noi portavoce ci adeguiamo alle decisioni degli iscritti», ha scritto sul suo profilo Facebook il sottosegretario grillino Stefano Buffagni. E anche lo stesso Di Maio ha voluto rimarcare l’importanza della consultazione nella breve diretta social in cui ha rinunciato al ruolo di vice premier: «La democrazia diretta è un valore irrinunciabile.

Non c’è un voto giusto o sbagliato, ci sono le vostre idee. Il mondo aspetta l’espressione democratica del Movimento per conoscere il futuro dell’Italia: buon voto a tutti». Un’esortazione arrivata al temine dell’incontro pomeridiano con Alessandro Di Battista, che in precedenza era apparso contrario all’alleanza con i dem e che ieri non ha voluto dare indicazioni di voto né svelare la sua posizione in merito.

Ma sempre ieri è emerso chiaramente anche il fronte interno del “no”, capitanato da Gianluigi Paragone e Davide Barillari. Quest’ultimo ha addirittura lanciato l’hashtag #IoVotoNO, attorno al quale coagulare il consenso dei tanti iscritti che già in mattinata avevano espresso il loro dissenso sui social: «Il M5s vince quando rimane fedele ai suoi principi morali».
Rispetto ai giorni precedenti, in cui molti esponenti di peso si sono detti fiduciosi sull’esito positivo della consultazione, si registra comunque un certo pessimismo. Persino Manlio di Stefano, sottosegretario agli Esteri, nell’augurarsi una vittoria del sì ha ammesso

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