mercoledì 18 agosto 2021
Dopo Israele, anche gli Usa dicono sì alla terza dose di vaccino Pfizer 17 Agosto 2021
Gli Usa: terza iniezione a tutti dopo 8 mesi. La scelta che divide

Reuters

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La decisione è stata una corsa a ostacoli. Ma è ormai certo che l’amministrazione Biden proporrà, come «necessaria», la terza dose di vaccino anti Covid praticamente per tutti gli americani, per contrastare l’indebolirsi dell’immunità vaccinale e la contemporanea risalita dei contagi dovuta alla variante Delta. Gli esperti ritengono infatti che sia indispensabile un richiamo dopo otto mesi dalla vaccinazione completa. L’avvio del secondo richiamo inizierà tra la metà e la fine di settembre, dopo l’autorizzazione della Food and Drug Administration (Fda) ma, secondo il Washington Post già un milione di americani avrebbero ricevuto una terza dose, pur senza il semaforo verde dell’ente regolatore. Il provvedimento rappresenta un cambiamento di posizione rispetto alle dichiarazioni delle scorse settimane riguardo al fatto che era ancora troppo presto per stabilire la necessità del terzo vaccino. Pochi giorni fa invece, l’immunologo Anthony Fauci aveva aperto a questa possibilità, affermando che «probabilmente» tutti avranno bisogno di una terza iniezione. «Credo che Delta abbia cambiato tutto», ha detto ora una delle fonti citate dal Post, spiegando la preoccupazione per dati che mostrerebbero una diminuzione dell’efficacia del vaccino.

Una condizione che ha motivato un’analoga risposta da parte di Israele che, a fronte di più di 8mila nuove infezioni registrate lunedì (il numero più alto da 6 mesi e un tasso di positività del 6,2%), può contare su un milione di cittadini vaccinati con la terza dose, la cui campagna procede in modo accelerato. E alla terza dose pensa anche il Brasile che sta tornando a ricoverare pazienti anziani, vaccinati con CoronaVac, aumentando i dubbi sulla scarsa efficacia del vaccino cinese. Il ministero della Salute di Brasilia ha dichiarato che sta valutando la somministrazione della terza dose in pazienti con bassa immunità. In Italia il dibattito è accesissimo. «Non ho abbastanza elementi per poter prendere una posizione a favore – ha osservato il primario di Malattie infettive dell’ospedale Sacco di Milano, Massimo Galli –. Mi sembra una fuga in avanti, un modo per giustificare anche quello che ancora non sappiamo». E mentre Pfizer ha appena fatto sapere che gli ultimi dati appena presentati alla Fda mostrano che, dopo il nuovo richiamo, si osservano livelli di anticorpi neutralizzanti anche contro le varianti Beta e Delta, il commento di Galli non ha bisogno di interpretazioni: «Finché non vedo i dati posso dire con tutta franchezza che questa storia non mi convince».

Sulla stessa linea il suo collega dell’ospedale San Martino di Genova, Matteo Bassetti, per il quale «la terza dose non va proposta a tutti: sarebbe un errore perché c’è chi non ne ha bisogno. Sono assolutamente contrario », tranne che per alcune categorie fragili, ha aggiunto. A un anno di distanza, invece, il discorso cambierebbe: «Siamo tutti d’accordo – ha evidenziato Bassetti – che probabilmente buona parte di noi dovrà fare la terza dose, che poi è quella di richiamo che si fa una volta all’anno». Di diverso avviso il virologo dell’Università di Milano, Fabrizio Pregliasco che, alla luce delle nuove evidenze anticipate da Pfizer, ha definito «una protezione aggiuntiva e concreta » la terza dose, «alla luce di una situazione che ormai degenera. Non sono le aziende che devono decidere, però deve esserci una scelta».

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