mercoledì 14 ottobre 2020
Il saldo tra tasse e contributi versati da lavoratori esteri e la spesa pubblica a loro servizio segna 500 milioni a favore dello Stato. I dettagli di uno studio della Fondazione Moressa
Gli stranieri contribuiscono più di quello che costano

Ansa archivio

COMMENTA E CONDIVIDI

Oltretutto ci fanno guadagnare... Già: non solo gli stranieri sono indispensabili perché svolgono lavori magari umili ma socialmente fondamentali; non solo sono utili all’economia, perché creano una percentuale importante del Pil; ma generano anche un beneficio netto di circa 500 milioni: lo scarto fra ciò che pagano in tasse e quanto incide sulla spesa pubblica la loro presenza. E non lo afferma Papa Francesco, bensì la laica Fondazione Leone Moressa, che ha presentato il Rapporto su 'Dieci anni di economia dell’immigrazione' redatto con il contribuito della Cgia di Mestre e il patrocinio dell Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (Oim), dei ministeri degli Esteri e dell’Economia e dell’Università Cà Foscari di Venezia.

Dunque, anzitutto i quasi 2,3 milioni di lavoratori stranieri generano più benefici che costi: infatti tra Irpef, contributi previdenziali e altri tributi vari versano nelle casse pubbliche circa 26,6 miliardi, mentre lo Stato ne spende per loro 26,1: un surplus appunto di 500 milioni. E altri 360 milioni annui potrebbero derivare dalle regolarizzazioni di lavoratori avviate nel 2020. Peraltro gli immigrati per lavoro oggi sono una percentuale molto bassa dei meno di 200.000 extracomunitari che l’anno scorso hanno ottenuto il permesso di soggiorno (la maggior parte lo ricevono invece per ricongiungimento familiare), rappresentano addirittura il 97% in meno rispetto al 2010.


26,6
Miliardi versati in tasse dagli stranieri. Lo Stato ne spende per loro 26,1

9,5%
Percentuale del Pil generata da stranieri, pari a 146,7 miliardi

548mila
Numero di imprese straniere, il 10,7% del totale nazionale

360
I milioni annui giunti dalle regolarizzazioni di lavoratori del 2020

Da smentire pure la tesi dell’invasione: 10 anni fa difatti abbiamo regolarizzato quasi 600.000 cittadini extra Ue, oggi solo un terzo di quel numero. E, se è vero che dal 2010 a oggi gli stranieri residenti sono cresciuti del 44% (da 3,65 a 5,26 milioni), la loro presenza resta assolutamente gestibile essendo passata nello stesso lasso di tempo dal 6,2% all’8,7% della popolazione. Un 8,7% che del resto genera il 9,5% del nostro Prodotto interno lordo (146,7 miliardi in cifra assoluta), grazie a due milioni e mezzo di occupati: il 44,5% dei quali lavora nei servizi.

Ma tra gli stranieri si fanno avanti anche gli imprenditori (+32,7% in 10 anni): in tutto sono 722 mila (circa il 10% del totale italiano), con i testa i cinesi seguiti a breve distanza da rumeni e marocchini – ciascuno dei quali pesa circa un decimo del numero complessivo. Le imprese straniere sono 548mila, il 10,7% del totale nazionale, e producono un valore aggiunto di 125,9 miliardi. Insomma, il ricorrere del medesimo 10% nel rapporto tra stranieri e italiani e negli indicatori del loro impatto sull’economia sembra significare una situazione al momento equilibrata. Qualche preoccupazione viene semmai dal fatto che gli stranieri sono in prevalenza giovani e svolgono lavori poco qua-lificati (solo il 12% è laureato) o in nero, il che nel lungo periodo potrebbe portare a un saldo negativo tra gettito fiscale prodotto e spesa per assistenza sanitaria o pensioni.

DA SAPERE

Il Leone Moressa è un istituto di studi e ricerche nato nel 2002 da un’iniziativa dell’Associazione Artigiani e Piccole Imprese di Mestre (Confederazione Generale Italiana degli Artigiani, Cgia) ed è intitolata a uno dei suoi fondatori.
Promuove la ricerca scientifica sul fenomeno migratorio, in particolare sul valore economico degli stranieri in Italia, tra l’altro per avanzare proposte di integrazione. Pubblica un rapporto annuale.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI