martedì 3 dicembre 2019
Scuola, sanità, mobilità: troppi gli ostacoli. Le leggi sul Dopo di noi e l’accesso al lavoro restano inapplicate, donne due volte discriminate. L’appello delle associazioni per un fondo unico
Disabili: quello che ancora manca
COMMENTA E CONDIVIDI

Assenza delle istituzioni, servizi scarsi (quando non inesistenti), barriere architettoniche, impossibilità di accedere alla sanità, o di frequentare la scuola. E poi indifferenza, discriminazione, pietismo. Vivere con una disabilità, in Italia, equivale ancora a una condanna. E quest’ultima tocca, ogni giorno, a 4 milioni e mezzo di persone nel nostro Paese (senza contare le persone non autosufficienti, con cui la conta arriverebbe a oltre 7). Il quadro con cui si è arrivati alla Giornata internazionale che si celebra oggi è tutt’altro che confortante.

In Italia 4,5 milioni di persone con disabilità
Un terzo di queste persone vive in solitudine e ha bisogno di aiuto. Più del 40% degli over 65 non ha nessuno che possa aiutarli. Una persona su cinque che ha superato i 75 anni non è più autosufficiente. Esigenze che restano senza risposta se è vero – come ha certificato appena un anno fa l’Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni Italiane dell’Università Cattolica – che un quarto delle persone con disabilità non riesce a muoversi autonomamente e di conseguenza ha bisogno di supporti e del superamento delle barriere architettoniche. La situazione si aggrava se si pensa al fatto che dei disabili italiani il 5,3% non sente e il 6,6% è non vedente. E su cui pesa come un macigno anche il conseguente dato sulle difficoltà psicologiche: più dell’8,5% dei disabili soffre di depressione in forma grave.
La denuncia dell'Anfass

Ad oggi, per cercare di risolvere questa situazione, ancor prima di mettere in campo maggiori opportunità di inclusione sociale, alle istituzioni basterebbe applicare le numerose leggi messe in campo negli anni passati per affrontare la sfida della disabilità. Non funziona nemmeno questo. Manca, per esempio, da due anni la relazione annuale al Parlamento sull’applicazione del Dopo di noi, così come i risultati dell’applicazione della legge per gli adulti disabili privi del sostegno familiare: la denuncia è arrivata proprio ieri dall’Associazione nazionale famiglie e persone con disabilità intellettive e relazionali (Anffas), che ha sottolineato anche come a tutt’oggi non esista la stima del numero e dell’impatto degli interventi portati avanti. «Questo è dovuto al fatto che le Regioni – ha spiegato l’Anffas –, ancora molto indietro nella realizzazione dei progetti individuali, non hanno comunicato al ministero come stanno spendendo i soldi». A tre anni dalla sua entrata in vigore la norma – che mira a migliorare la qualità di vita delle persone adulte con disabilità e prive del sostegno familiare – in molte parti d’Italia è del tutto inapplicata e non è ancora stata rifinanziata. Finora, ad essere partiti, si stima siano circa 2mila progetti in Italia, concentrati nelle regioni del Centro Nord.

Disoccupata la metà dei disabili

Altro tasto dolente, quello dell’avviamento al lavoro, con la legge 68 del 1999 che secondo le associazioni – dalla Federazione italiana per il superamento dell’handicap (Fish) alla Federazione tra le associazioni nazionali delle persone con disabilità (Fand) – andrebbe profondamente rivista affinché possa svolgere davvero un ruolo di promozione dei disabili nei luoghi di lavoro. I numeri, d’altronde, parlano chiaro: almeno il 50% dei disabili che potrebbero lavorare, sono ancora disoccupati.
Ancora, la scuola, con il sostegno a singhiozzo nelle statali e contributi insufficiente nelle paritarie (lo Stato riconosce a ogni singolo studente disabile in queste ultime meno di un decimo di quanto speso per un disabile nella prima). L’assenza di un interlocutore istituzionale (le deleghe per la disabilità sono rimaste a Conte, senza la nomina di un sottosegretario specifico), più volte invocato dalle associazioni negli ultimi mesi.

Violenze contro le donne
E poi lo specifico della situazione femminile, con l’impennata di violenze a carico di donne disabili (a cui Avvenire ha dedicato una pagina proprio domenica scorsa) e la presenza di barriere architettoniche soprattutto negli ambulatori, dove l’inaccessibilità delle strumentazioni provocano molti disagi alle donne con una disabilità fisica durante le visite e gli screening: in Italia, tanto per fare un altro esempio, ci sono solo 5 ambulatori ginecologici adatti a ricevere pazienti con disabilità (uno a Roma, uno a Napoli, due a Torino e uno a Bologna).

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: