giovedì 14 settembre 2017
Ma il capogruppo di Ap Maurizio Lupi gela gli alleati: non daremo mai l'assenso alla fiducia in Senato
Il premier Paolo Gentiloni in Grecia avvisa: l'impegno per lo Ius culturae rimane (Ansa)

Il premier Paolo Gentiloni in Grecia avvisa: l'impegno per lo Ius culturae rimane (Ansa)

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Le tensioni dei partiti e la campagna elettorale si abbattono sullo ius culturae accantonato a Palazzo Madama in attesa della manovra e il premier Paolo Gentiloni, dalla Grecia, torna a spazzare via le polemiche e a ribadire che la legge si farà «in autunno».

Ieri Matteo Orfini ha cercato nuovamente di forzare l’esecutivo a confermare la volontà di mettere la fiducia sul testo, sorpreso dalle parole del ministro Delrio, che aveva parlato di «paura grave» dei partiti, che frenerebbe l’approvazione del testo. Strattonato dalle accuse della sinistra di aver ceduto ai centristi, il presidente del Pd ha assicurato di aver passato la palla all’esecutivo. Ma da Ap è arrivata la doccia fredda del capogruppo Maurizio Lupi: «Il Consiglio dei ministri è un organo collegiale nel quale i ministri di Ap non daranno mai l’assenso alla fiducia».

Parole decise che irritano il premier, impegnato nel vertice intergovernativo con Tsipras a Corfù. «L’impegno mio personale e del governo per approvarla in autunno rimane», replica Gentiloni. «Non devo ricordare quando comincia e quando finisce l’autunno, più o meno credo sia una consapevolezza acquisita. Quindi resto alle parole che ho detto sull’argomento alcune settimane fa. Siamo ancora in estate».

Insomma, insiste il premier, «l’impegno che alcune settimane fa abbiamo descritto certamente rimane: è un lavoro da fare, non sovrapponiamo il tema in modo automatico degli sbarchi, dell’immigrazione al tema della cittadinanza. Ci sono punti di contatto però stiamo parlando anche di argomenti abbastanza diversi». Sull’immigrazione, piuttosto, il presidente del Consiglio ragiona: «La discussione sui trattati Schengen che si è aperta per motivi di terrorismo e sicurezza è un’ottima occasione per porre sul tavolo la modifica dei regolamenti di Dublino: non si può modificare uno lasciando invariato l’altro».

Temi caldissimi che si intrecciano, ma su cui non si deve fare leva, per i sostenitori del diritto di cittadinanza. E però Orfini le parole di Delrio proprio non le digerisce: «Cerchiamo di evitare almeno noi di strumentalizzare la vicenda», dice. «Ai ministri che chiedono lodevolmente di accelerare, suggerisco di lavorare più rapidamente per sciogliere il nodo fiducia. Perché è proprio a loro che compete questa decisione». Ma la frenata che arriva da Lupi alla richiesta del presidente dem non piace neppure a Lorenzo Dellai (Des-Cd): «La solidarietà è nel dna del centro», ricorda al partito di Alfano.

Così mentre la presidente della Camera Laura Boldrini conferma che varare la legge «conviene a tutti», quello del Senato Pietro Grasso concorda sulla necessità di porre la fiducia, per evitare la «mole di emendamenti» che paralizzano l’iter del testo.
Ma l’intervento di Gentiloni riscalda ulteriormente una maggioranza di governo già in fibrillazione. Perché se Ap è decisa a bloccare l’idea alla "fonte", cioè in sede decisionale a Palazzo Chigi, al momento di votare la necessità della fiducia, Pier Luigi Bersani e tutte le anime della sinistra avvisano il governo di non contare più sul sostegno fin qui garantito, senza un impegno sullo ius soli temperato.

In piena sintonia con Ap, invece, il centrodestra si rammarica che la questione sia stata riaperta. «È un provvedimento del governo divisivo e lontano dalla realtà e dal Paese. Non sarà mai legge dello Stato», afferma il capogruppo alla Camera di Forza Italia Renato Brunetta.

Da Palazzo Chigi, però, anche il ministro per la coesione territoriale De Vincenti assicura che i ministri dem concordano sulla necessità di procedere. Mentre la materia resta tra quelle su cui si tratta a Largo del Nazareno, dove restano da verificare i nodi della legge elettorale.


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