mercoledì 26 febbraio 2020
L'iniziativa di una biblioteca di Roma con il patrocinio del Comune, ultimo di una serie di episodi che vorrebbero sdoganare la cultura «genderfluid»
Gender, fiabe transex e politica ultra-liberal
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Genderfluid è bello? L’ha raccontato il festival di Sanremo, l’ha lasciato capire la vicepresidente della Regione Emilia Romagna, Elly Schlein, rivelando qualche giorno fa di aver avuto relazioni con «molti uomini e con molte donne». Dalle passerelle della moda ce lo ripetono fino alla sfinimento centinaia di immagini che vorrebbero esaltare il diritto all’incertezza di genere. Stasera la Biblioteca interculturale cittadini del mondo di Roma propone 'Fiabe e racconti' di inclusione e amicizia, con il racconto di due 'drag queen'. L’iniziativa è rivolta, per tre sere di seguito, alle classi dell’infanzia, della primaria e della secondaria di primo grado.

Proposta discutibile sotto vari profili. Per parlare di inclusione è davvero necessario puntare su un’idea di sessualità non solo fluida, ma anche parodistica e iperbolica come quella rappresentata dalle 'drag queen'? Appare poi segnato da un pesante intento ideologico scrivere sul volantino che annuncia l’iniziativa le parole 'bambin* e ragazz*' con quegli asterischi di sospensione che lasciano intendere una vaghezza un po’ ridicola e un po’ arbitraria. Soltanto l’estremismo gender più irragionevole pensa davvero che sia possibile non parlare di maschile e femminile, ma autoassegnarsi il genere sessuale sulla base di una volontà fluttuante.

Davvero difficile, dal punto di vista educativo, escogitare qualcosa di peggiore per piccoli alle prese con la formazione dell’identità personale. La Biblioteca interculturale può naturalmente decidere le iniziative che ritiene più opportune. Mentre il Comune di Roma, che dà il patrocinio all’iniziativa, proprio perché istituzione pubblica, dovrebbe usare un po’ di cautela in più nell’affiancarsi a proposte il cui profilo educativo e scientifico sembra davvero zoppicante. Come se il superamento del binarismo sessuale sia sempre e comunque approdo di libertà per una piena realizzazione del sé. Ma è davvero cosi?

In questa, come tutte le questioni che toccano da vicino il vissuto delle persone, i loro sentimenti e la loro interiorità, è vietato generalizzare e banalizzare. Siamo di fronte a questioni delicatissime che meritano attenzione e rispetto. Ma lo stesso rispetto è dovuto a chi assiste o partecipa a queste iniziative, senza avere gli strumenti culturali per decrittare messaggi complessi, con il rischio concreto di finire, magari solo implicitamente, per accogliere sollecitazioni negative. Chiariamo meglio. Se al Festival di Sanremo, un cantante come Achille Lauro propone performance futuriste tra suggestioni gender fluid e propositi di rivisitazioni storiche, non è difficile incasellare la sua immagine nelle categorie dello spettacolo, con tutto quanto ne consegue. È una narrazione tra iperbole e travestimenti che ha come come unico obiettivo quello di stupire e catturare l’attenzione del pubblico. Epater le bourgeois, lo schema è sempre quello.

Ma se una giovane politica in ascesa come Elly Schlein, volto della sinistra del futuro, racconta senza filtri l’alternante varietà della sua vita sentimentale, senza curarsi di problematizzare le sue scelte, la questione diventa più complessa. Forse da parte di una figura istituzionale comunque significativa sarebbe stato necessario un pizzico di delicatezza in più. Esistono migliaia di ragazzi e di ragazze alle prese con problemi identitari molto seri che non di rado sfociano in disturbi della personalità, problemi psicologici e altre patologie. La sofferenza di questi ragazzi vale meno della libertà di rendere pubbliche scelte di vita comunque difficili? Una persona con incarichi politici di rilievo avrebbe forse il dovere di pesare le possibili conseguenze delle proprie parole, soprattutto in un ambito così delicato come la formazione dell’identità sessuale, considerando anche che la riflessione scientifica sul punto è tutt’altro che consolidata e unanime.

Qui il problema dei diritti omosessuali non c’entra nulla. Dignità, rispetto e accoglienza di ogni persona, indipendentemente dal proprio orientamento sessuale, sono punti fermi e indiscutibili, come ci ha ripetuto più volte anche papa Francesco. Serve invece riflettere sull’opportunità di un coming out a favore di un’alternanza sessuale che, proprio per la credibilità e la visibilità della persona che lo pronuncia, può diventare motivo di disorientamento e di confusione. Al di là delle perplessità, può essere che l’uscita di Elly Schlein – come il patrocinio offerto dal Comune di Roma alle fiabe raccontate dalle 'drag queen' – diventi un’occasione per discutere su questioni che rimangono, dal punto di vita antropologico e soprattutto da quello educativo, scottanti e irrisolte. Ma la discussione va aperta. E noi, con la cautela e il rispetto di sempre, intendiamo farlo.

Da sapere / Genderfluid o transgender?

Genderfluid come transessuale? Niente affatto. Le distinzioni nell’universo lgbt – a cui sempre più spesso si aggiunge una Q (queer), una I (intersex) e una A (asexual) – sono sempre più complesse, a dimostrazione che oltre la verità del maschile e del femminile, è difficile trovare argini. Il genderfluid è persona che non vuole essere etichettata in alcun modo, né etero né omosessuale. Ma non si sente neppure transessuale. Pretende di variare orientamento senza approdi definitivi, secondo l’ispirazione del momento. Le conseguenze sull’equilibrio psicologico e identitario sono facilmente immaginabili. Mentre i transgender sono persone consapevoli del fatto che la propria identità di genere sia diversa dalla propria sessualità biologica ma non hanno ancora deciso un itinerario di 'riassegnazione'. Come invece hanno fatto i transessuali, persone che hanno deciso di risolvere i propri problemi di disforia di genere con interventi farmaceutici o chirurgici, come previsto dalla legge.
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