mercoledì 26 febbraio 2020
Sulla fluidità di genere parla Paolo Rigliano, psichiatra e psicoterapeuta, autore di vari studi su omosessualità e genere
Lo psichiatra Paolo Rigliano

Lo psichiatra Paolo Rigliano - Giovanni Dall'Orto Wikimedia

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La rappresentazione positiva della cosiddetta fluidità di genere è in realtà uno stereotipo, una costruzione quasi soltanto mediatica, che però può indurre ragazzi già in difficoltà per la fatica di far chiarezza nella propria identità, a non interrogarsi, a non approfondire le ragioni del proprio disagio. E questa eventualità è sicuramente negativa, perché ogni situazione di incertezza può innescare malessere e disturbi. Ne parliamo con Paolo Rigliano, psichiatra e psicoterapeuta sistemico-relazionale, autore di vari studi su omosessualità e genere.

Davvero può essere così indifferente e motivo di serenità vivere in modo alternato omosessuali o eterosessualità?
La bisessualità è un pianeta ancora tutto da indagare. Nulla vieta di pensare che dimensione eterosessuale e omosessuale possano coesistere, ma è molto difficile possano risultare della stessa portata. Nel senso che la persona può essere sollecitata da strutture diverse nel corso della vita, ma è difficile pensare che tutte abbiano la stessa valenza per il soggetto e siano perfettamente sovrapponibili. Ogni struttura ha qualità che sono diverse. E diverse sono le implicazioni. Ora, all’interno di questo tentativo di far chiarezza c’è la possibilità che una persona avverta sensazioni di disagio e di malessere e abbia bisogno di aiuto.

Non c’è una dimensione profonda dell’orientamento sessuale che rende impossibile questa 'convivenza interiore'?
Certo, ma può essere che una persona, per assumere la consapevolezza del proprio orientamento, sia costretto a fare un percorso lungo e com- plesso. Ora, il fatto che Elly Schlein spieghi tranquillamente queste sue esperienze indica un cambiamento di paradigma sociale in cui ci si sente liberi di interpretare e valutare la propria omosessualità. Sono situazioni tutt’altro che inconsuete. Anzi, nella realtà succede molto spesso. Ma, per la maggior parte, questi casi rimangono silenti. Ora, il tentativo di far chiarezza dentro di sé può portare a diverse esperienze ma sarebbe sbagliato parlare di bisessualità e, soprattutto mettere due dimensioni sessuali sullo stesso piano.
Ma il fatto che se ne parli più apertamente non rischia di trasformare la cosiddetta fluidità di genere in un modello accattivante, soprattutto per tanti ragazzi che lottano per capire qualcosa della propria identità?
Innanzi tutto bisogna ricordare che ogni situazione è diversa. Poi va detto che la fluidità di genere è quasi sempre una rappresentazione mediatica molto lontana dalla realtà. Spesso si pensa alla fluidità guardando alcuni modelli che nelle sfilate di moda mescolano simboli maschili e femminili. Ma questa è solo una contaminazione di genere, sono solo accrocchi di stereotipi scelti per stupire. Possiamo confondere l’identità di genere con l’orientamento sessuale profondo che è parte costitutiva della persona e che nessuno può determinare con una scelta volontaristica.

C’è quindi un reale rischio educativo che ci porta a considerare negativamente queste rappresentazioni?
Se la rappresentazione della fluidità come scelta positiva non aiuta la persona a interrogarsi sulla differenza, evidentemente si tratta di una situazione negativa. Questo mondo cioè rischia di diventare una nebulosa che alimenta l’incertezza. Ma se questa incertezza viene potenziata e banalizzata può contribuire a far stare male le persone. La confusione non è mai rasserenante.

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