giovedì 6 luglio 2017
La serata di Avvenire a Jesolo dedicata alla figura del giovane lombardo di cui è in corso la causa di beatificazione. Gli interventi di Moraglia, Tarquinio, Vian, Cilla e Malavasi.
La serata di Avvenire a Jesolo, foto Giorgio Boato

La serata di Avvenire a Jesolo, foto Giorgio Boato

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Un ragazzo di 15 anni può raccogliere in piena estate centinaia di persone interessate ai temi della fede, dell’educazione dei giovani e del web: lo si è capito mercoledì scorso nella serata di Avvenire a Jesolo, voluta dalle parrocchie della cittadina del litorale veneziano guidate dal parroco don Lucio Cilia. La figura di Carlo Acutis, patito di informatica e internet come “strumenti di Vangelo”, morto nel 2006 per una leucemia fulminante e di cui è in corso la causa di beatificazione, è stata al centro del dibattito svoltosi in piazza Marconi e moderato da Giorgio Malavasi del settimanale diocesano Gente Veneta.

“Non io ma Dio, Carlo lo ripeteva sempre - ha raccontato Sidi Perin, suo padrino di cresima -. Con la sua vita straordinaria, per molti aspetti simile a quella di tanti suoi coetanei, ci ha trasmesso che la vera felicità consiste nell’essere in amicizia e in unione con
Dio. Cercava di valorizzare in tutte le persone il progetto unico di Dio. Una sua frase era: tutti nasciamo originali ma rischiamo di morire come fotocopie”.


Il direttore di Avvenire Marco Tarquinio, ha ricordato il primo “incontro” con Acutis nel cimitero di Assisi: “Nella sua tomba, vicina a quella dei miei genitori, c’è un’anfora di ceramica con il coperchio aperto che consente di inserire dei bigliettini. Ha una corrispondenza, reale, con la gente che va a trovarlo, lascia messaggi e dialoga con lui. Un ragazzo totalmente del nostro tempo,
capace di usare tutti i mezzi che usano i ragazzi e al tempo stesso con uno sguardo diverso, imprevedibile, sconvolgente. Una persona così attrae”.

Per Giovanni Maria Vian, direttore dell’Osservatore Romano, Carlo Acutis “dimostra che il web è un ambiente che può essere vissuto molto bene. Come? Traendo dalla sua esperienza due dimensioni: la critica e la testimonianza. In lui vedo il Frassati del nostro tempo. Mi ha colpito la sua attenzione agli altri, ai piccoli. Ci teneva al rapporto personale”. Il dialogo poi si allarga: dalle sanzioni europee a Google all’utilizzo di internet da parte dei ragazzi, dalle “bufale” alle “verità minuscole” che spopolano in rete con la necessità di verificare tutto e sempre, attingendo a più fonti. Il web per Tarquinio è “luogo di libertà: o è responsabile o non è libertà vera. Bisogna starci. Il problema è mantenere l’aggancio alla realtà.

E poi il linguaggio: il web è diventato ricettacolo di un modo di esprimersi drammatico e aggressivo, triviale, che tracima nelle lettere, nei titoli dei giornali, nei commenti e nel dibattito politico”. Ai giornali resta il compito di “dare chiavi di lettura con tutte le disarmonie, le asprezze e le facce della vita che bisogna saper raccontare, senza fermarsi solo a quelle deteriori. Il giornalismo vero rompe le scatole e libera lo sguardo su tutti gli aspetti della realtà”. Ma cosa resterà - si è chiesto Vian - di quanto si scrive oggi e delle banche dati? “Nella biblioteca vaticana ci sono manoscritti della Bibbia di 16 secoli fa perfettamente conservati. Ora abbiamo difficoltà a leggere i dischetti di anni fa…”.

Ha chiuso la serata il Patriarca Francesco Moraglia che è tornato su Carlo Acutis: “Questo ragazzo è quasi inspiegabile, un prodotto della grazia di Dio. Mi chiedo se non sia da considerare un grande mistico che ha compreso, sull’eucaristia e sulla sua
vita, qualcosa che solamente Dio poteva dirgli. Ha saputo gestire la preghiera, la carità, il tempo per gli altri e la cordialità verso la gente con la capacità di frequentare il mondo della comunicazione con quella completezza che ogni cristiano dovrebbe dare al suo tempo oggi: uomini e donne che sanno stare a loro agio nel mondo”.

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