giovedì 18 luglio 2019
Bellezza e arte parlano all’attualità e fanno riflettere: dopo la Messa con il patriarca Moraglia, confronto tra Tarquinio, Filippetti e Gazzaneo
La festa di Avvenire a Jesolo (Giorgio Boato)

La festa di Avvenire a Jesolo (Giorgio Boato)

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La bellezza incuriosisce e avvince, tocca cuori e menti. Anche quella più antica diventa attuale, offre suggestioni al presente e proietta nella concretezza della storia. Lo attestano anche le parecchie centinaia di persone che hanno seguito la festa di Avvenire a Jesolo, prima con la Messa presieduta dal patriarca Francesco Moraglia nella chiesa di S. Maria Ausiliatrice (parrocchia guidata da don Lucio Cilia e da cui è nata l’iniziativa) e poi con l’evento in Piazza Marconi.

“Da Giotto a Lorenzetti. La tirannia e il buon governo” è stato il tema dell’incontro con il professor Roberto Filippetti impegnato a mostrare gli elementi rivelatori di tre capolavori del Trecento: il ciclo di Giotto nella Cappella degli Scrovegni a Padova, la “Maestà” di Simone Martini e gli affreschi di Ambrogio Lorenzetti su “Allegoria ed effetti del buono e del cattivo governo” (opere queste conservate a Siena). Emergono i legami profondi tra bellezza, verità e giustizia nella vita della città insieme alle nette distinzioni tra bene comune e bene proprio. «Siamo innamorati della bellezza - ha detto Giovanni Gazzaneo, coordinatore di “Luoghi dell’infinito” - ma non di una bellezza qualsiasi. È la bellezza che la fede sa generare e ha a che fare con un mistero che abbraccia tutto».

Bellezza e arte parlano all’attualità e fanno riflettere. Ma è possibile oggi il “buon governo”? Risponde il direttore di Avvenire Marco Tarquinio: «Sì, ma ci sono delle condizioni. In Italia abbiamo conosciuto periodi di buon governo e sono stati quelli segnati, anche nei periodi più difficili, dalla concordia e quando c’erano parole forti che univano tutti, anche avversari ideologici, e non impedivano di mettersi a lavorare insieme e pensare al futuro del nostro Paese». Il buon governo «si costruisce con la concordia che non è solo tra forze politiche, ma tra i cittadini e i reggitori pro tempore della cosa pubblica. La prima concordia è quella tra le attese delle gente e ciò che i politici realizzano a servizio delle persone. Il buon governo si costruisce col rispetto reciproco: la gente va servita dalla politica, non ci si serve mai della gente».

“L’arte aiuta a cogliere la verità”, commenta il patriarca Moraglia. Al “buon governo” - che chiama in causa lo Stato - preferisce la dicitura “bene comune” che «ha come referente la società. E la società viene prima dello Stato». Fissa l’attenzione sul tiranno raffigurato da Lorenzetti: «Il tiranno è strabico, non vede bene, non riesce a cogliere la realtà. Pensa che lui può essere felice da solo, mentre vera felicità è capire che la mia felicità è parte della felicità degli altri».

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