giovedì 10 febbraio 2022
Il presidente emerito della Corte costituzionale interviene al convegno di Pro Vita alla vigilia del verdetto della Consulta sul quesito sull'omicidio del consenziente. Via a nuovo Comitato per il no
Mirabelli: un referendum? Ci farebbe andare oltre l'eutanasia

Ansa

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Alla Camera il ritorno, ieri, della proposta di legge sul suicidio assistito. Alla Corte costituzionale, il 15 febbraio, l’esame del referendum per depenalizzare l’omicidio del consenziente. È la «cultura dello scarto», denunciata dal Papa, che dice quale vita è degna e quale no. La denuncia della 'mossa a tenaglia' contro il diritto alla vita arriva da medici, giuristi e società civile, al convegno di Pro Vita & Famiglia Onlus, insieme con Euthanasia Prevention Coalition, dal titolo «Eutanasia: vite da scartare?».

Il convegno è stata anche l’occasione di presentare il comitato «Finché c’è Vita - #NoEutanasiaLegale»: «Primo atto del Comitato - spiega Antonio Brandi, presidente di Pro Vita - sarà depositare presso la Consulta una memoria contro l’ammissibilità del quesito».

Anche Cesare Mirabelli, già presidente della Corte costituzionale, ha dubbi sull’ammissibilità del quesito referendario: «L’articolo 579 del codice penale, se 'tagliato' dal referendum, andrebbe ben oltre l’eutanasia: l’omicidio del consenziente non sarebbe più punito, assente qualsiasi controllo previo a un atto irreversibile. Un 'referendum propositivo'».

Per il cardinale Giovanni Battista Re, già Prefetto della Congregazione per i Vescovi, «chi soffre ha necessità di cure, ma anche di amore e vicinanza. L’eutanasia va in direzione opposta, è intrinsecamente ingiusta e crudele ». Il cardinale Luis Francisco Ladaria, prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, in una lettera agli organizzatori dice che «negli ultimi anni abbiamo assistito alla promozione, a livello internazionale, dell’eutanasia e del suicidio assistito, un cambiamento di paradigma nella cura dei malati terminali» che può essere «colto bene con l’espressione 'cultura dello scarto'».

Alfredo Mantovano, vicepresidente del Centro studi Livatino, sottolinea come la proposta sul suicidio assistito «è una 194 spostata dall’inizio al fine vita». In quella non si parla mai di aborto, ma di interruzione volontaria di gravidanza, «in questa mai di eutanasia ma di 'morte volontaria medicalmente assistita'. Parla di dignità della vita, di adeguato sostegno al malato. Come la 194, mai attuata nella parte sulla prevenzione».

Marina Casini, presidente del Movimento per la Vita, chiede se «sono queste le priorità del Paese? O il sostegno pubblico a cure palliative, assistenza domiciliare, hospice. O alleggerire la ragnatela della burocrazia che affligge le famiglie con malati o disabili?». Così «non ci sarà nessuna autodeterminazione, ma autoesclusione da eterodirezione».

Massimo Gandolfini, neurochirurgo e presidente dell’Associazione Family Day, rivela la deriva di una svolta eutanasica: «In Olanda si è passati dall’eutanasia di 12 pazienti con cancro terminale del 2001 ai 6.938 nel 2020. Per le demenze, dai 2 casi nel 2008 ai 170 del 2020. E oggi l’Olanda sta discutendo la cosiddetta legge della 'vita completata', che darà la possibilità agli ultra 75 enni senza problemi particolari di salute di chiudere la propria esistenza con l’aiuto di un medico».

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