mercoledì 7 novembre 2018
Sono oltre 15 milioni gli alberi abbattuti dal vento sulle Dolomiti e sulle Alpi del Nordest. Nessun borgo è isolato, ma manca l'acqua potabile
In una foresta del Bellunese, un capitello votivo con un crocifisso è rimasto appeso su un mozzicone di albero resistendo alla furia distruttiva del vento

In una foresta del Bellunese, un capitello votivo con un crocifisso è rimasto appeso su un mozzicone di albero resistendo alla furia distruttiva del vento

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Più di 15 milioni di alberi abbattuti dal vento. E a un mozzicone di queste piante spezzate è rimasto quasi per miracolo appeso un capitello votivo in legno con un crocifisso. Un altro simbolo del disastro. E uno dei dati che emergono dopo la ricognizione con i droni sui boschi schiantati delle Dolomiti e delle altre montagne del Nordest. Un elicottero di una mega segheria austriaca ha sorvolato in Alto Adige e nell’alto Bellunese le foreste schiantate dalla tempesta. In Austria operano cinque segherie che lavorano ciascuna un milione di metri cubi di legno all’anno.

A Bolzano la Provincia ha dettato le prime misure contro la svendita di questo patrimonio. Sull’Altopiano di Asiago la Regione Veneto ha convocato sindaci e operatori per blindare la bonifica dei boschi, stabilendo – con il presidente Luca Zaia – che tutti vanno ripuliti, e che a farlo siano anzitutto le imprese locali. Il prezzo del legname, che fino al 28 ottobre arrivava a 150 euro il metro cubo per quello più pregiato, si è più che dimezzato. «Non so che succederà, ma confido che ridoneremo ciò che l’ambiente naturale chiede. Non sarà uguale. Certamente – ha commentato il vescovo di Belluno-Feltre, Renato Magangoni, portandosi ieri nell’Alto Agordino, il cuore dell’uragano e rimanendo ammutolito davanti alla “tabula rasa” forestale – impareremo qualcosa di ulteriore che promuoverà questo territorio e soprattutto migliorerà il nostro rapporto con esso. Ci saranno momenti in cui, in tutta verità, occorrerà riconoscere tutto quello che non va a livello di responsabilità verso la montagna. Ma occorre davvero ascoltare e dare il massimo di credibilità alla gente di montagna da parte di chi ha responsabilità in grande nel nostro Paese, a livello di Stato e di Regione. Il mio è anche un appello di civiltà». Intanto lassù, da Rocca Pietore a Gosaldo, e fino al Comelico, ci sono ancora famiglie evacuate, a più di una settimana dal disastroso evento.

Nessun borgo è isolato, ma manca l’acqua potabile in numerose valli, non c’è elettricità e la corrente è garantita (non ancora dappertutto) dai generatori, quando non vengono manomessi da chi aspira il carburante, magari per alimentare il proprio impianto. La pioggia di queste ore alimenta nuove frane. Due enormi massi di 20 metri cubi ciascuno, precipitati l’uno in un torrente e l’altro su una strada, sono stati fatti brillare dai tecnici del Soccorso Alpino e speleologico e dagli gli specialisti “disostruttori” del Soccorso alpino. La prima roccia era caduta sotto il ponte del torrente Rio Rosse, nei pressi di Rocca Pietore, e ostruiva il passaggio dell’acqua causando un tappo pericoloso per l’abitato di Laste, in caso di un’esondazione.

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