martedì 5 giugno 2018
Tra i punti più criticati dell'accordo applicato da gennaio 2014 c'è l'obbligo per il primo Paese di approdo dei migranti di esaminare la richiesta di asilo. I tentativi di riforma, le mediazioni
Foto dell'archivio Ansa

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L'intesa su Dublino nata già azzoppata, è definitivamente "morta". L'Italia e altri dieci Paesi, per ragioni diverse, all'incontro in Lussemburgo dicono 'no' al compromesso sulla riforma delle regole per rivedere l'accordo sul diritto d'asilo per i migranti che arrivano in Europa proposto dalla presidenza bulgara. Lo stop al testo, che allontana ogni speranza di accordo anche in vista del Consiglio Ue di fine giugno, oltre che dall'Italia, arriva da Spagna, Germania, Austria, Estonia, Lettonia, Lituania, Ungheria, Polonia, Slovacchia e Repubblica Ceca.

Cosa prevede il Regolamento di Dublino

Oggi è in vigore il Regolamento Dublino III – siglato da tutti gli Stati membri, ad esclusione della Danimarca, e applicato da gennaio 2014 - che prevede che sia il primo Stato membro d’ingresso del migrante che opera la registrazione dello stesso attraverso le impronte digitali e la foto segnalazione, a prendersi in carico la procedura di espletamento della richiesta d’asilo.

Cosa prevede la riforma proposta dall'Unione europea

Il Parlamento europeo a novembre 2017 ha approvato all’unanimità un testo della riforma che prevede la cancellazione della norma relativa al “Paese di primo ingresso”. Il testo del Parlamento – considerato da molti “innovativo” (fra questi Asgi - l’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione, ndr) – riforma la materia sulla base dei principi di solidarietà, con un’equa distribuzione fra i Paesi membri, e introduce per la prima volta anche i “legami significativi” (familiari o esperienze passate di studio e formazione) con uno specifico Stato membro.Un altro testo di riforma è stato preparato dalla presidenza del Consiglio europeo e sarà votato dal Consiglio a fine mese. È questo il progetto in discussione in Lussemburgo. Esso mantiene ancora il carico del “Paese di primo ingresso” e introduce un sistema complesso di calcolo per le quote obbligatorie della ridistribuzione dei richiedenti asilo a tutti gli Stati membri, con soglie molto alte in termini di numero di arrivi e sulla base di una decisione che deve essere presa all'unanimità dai capi di Stato e di governo dell'Ue. La quota “obbligatoria” per singolo Paese viene stabilita tra Pil e popolazione (50% ciascuno). Se un Paese rifiuta, scatta la penale automatica (ridotta da 250mila a 30mila euro) la penale per gli Stati che si rifiutino di accogliere un richiedente asilo da altri Paesi.

Perché il ministro dell'Interno Matteo Salvini si oppone al testo di riforma

Le ragioni della sua opposizione sono diametralmente opposti a quelle dei cosiddetti Paesi del gruppo di Visegrad (Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia e Ungheria). Salvini, come già aveva fatto Gentiloni, contesta la “responsabilità” del Paese di primo ingresso negli otto anni successivi al primo ingresso del richiedente. In pratica l’Italia (come la Spagna o la Grecia, principali Paesi d’approdo delle rotte migratorie via mare) nei dieci/otto anni successivi ha l'obbligo di riprendersi i richiedenti asilo che si trasferiscono in un altro Stato membro. L’Italia, come gli altri Paesi del Sud Europa, contesta anche la riduzione della penale per i Paesi che non rispettano le quote. I Paesi del gruppo di Visegrad rifiutano l’obbligatorietà delle quote.

Le modifiche emerse in Lussemburgo: la proposta bulgara

Il testo si mediazione bulgaro, che di fatto riduce la solidarietà nei confronti dei Paesi più esposti, contiene ancora le quote obbligatorie di ripartizione di richiedenti asilo tra gli Stati membri, ma solo in casi estremi, di "crisi grave", con soglie molto alte in termini di numero di arrivi e sulla base di una decisione che deve essere presa all'unanimità dai capi di Stato e di governo dell'Ue. Per contro, questo testo prevede maggiori responsabilità per i Paesi di primo ingresso, in particolare sul numero di anni (10) durante i quali hanno l'obbligo di riprendersi i richiedenti asilo che si trasferiscono in un altro Stato membro. Non solo:riduce da 250mila a soli 30mila euro le penale per gli Stati che si rifiutino di accogliere un richiedente asilo da altri Paesi. Di qui l'opposizione dei Paesi del Mediterraneo (Italia, Spagna, Grecia, Cipro e Malta), il cui fronte è rimasto compatto durante le trattative delle ultime settimane.

Come uscire dall'impasse

La proposta bulgara è ritenuta impraticabile anche dalla Germania e dalla stessa Austria che la giudica "irrealistica" e ha preannunciato "una rivoluzione copernicana" sull'immigrazione e la palla passerà al suo semestre di presidenza che si apre a luglio. A Innsbruck dopo l'estate è previsto un Consiglio informale dei ministri degli Esteri in cui il governo austriaco potrebbe presentare la sua proposta. Il timore è che la legislatura dell'Europarlamento si chiuda nel maggio 2019 senza alcun accordo su Dublino, rinviando di diversi anni la riforma.

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