domenica 28 novembre 2021
Tanti i ministri presenti sabato alla Conferenza nazionale. «La pandemia? Ha aggravato la situazione». L’arcivescovo Tasca: «Che sogni stiamo dando ai nostri adolescenti?»
Droga, i figli dimenticati dallo Stato: «Risposte all'emergenza educativa»
COMMENTA E CONDIVIDI

Prima del consumo e dello spaccio, prima del carcere, prima del Serd e delle comunità, ci sono i ragazzi. Stanno nelle scuole, sulla strada, nei locali e magari anche ai rave party. Stanno in Rete, sui social e nelle chat. E stanno male. Chiedono alle sostanze risposte (uno su quattro, tra i 15 e i 19 anni, l’ha fatto nel corso dell’ultimo anno) perché dal mondo adulto non ne ricevono. Soprattutto, non ne ricevono dallo Stato, che ieri a Genova s’è fatto presente per la prima volta dopo 12 anni di assenza assoluta, o quasi, coi suoi ministri, i capi dei dipartimenti, i direttori di struttura, i giudici, i ricercatori, gli esperti. Che il tema sul tavolo siano gli adolescenti, alla Conferenza nazionale sulle droghe, è evidente da subito. Qualcuno temeva si parlasse solo di cannabis e referendum, qualcun altro era convinto che la determinazione a non parlarne fosse soltanto ipocrisia, una buona strategia di un ministro esplicitamente su posizioni antiproibizioniste – Fabiana Dadone – per far passare la linea della legalizzazione spinta dal referendum a livello istituzionale.

Qualcuno probabilmente, sui giornali e in tv, continuerà anche oggi e domani a parlare solo di questo. Invece ecco la sorpresa: c’è un vuoto di sguardo e di azione che viene prima delle ideologie e dei posizionamenti politici e che si chiama educazione. Il Covid, per una volta, ha il merito di a- verlo sbattuto in faccia a tutti. «La pandemia ha aggravato l’emergenza» ripetono i ministri Di Maio e Lamorgese, Bianchi e Orlando, «i dati sono drammatici» evidenzia la presidente del Consiglio nazionale delle ricerche Maria Chiara Carrozza. C’è l’impennata dei sequestri di droga (+8% nel 2020), c’è il boom della cocaina e ci sono le 44 nuove sostanze scoperte in un anno, c’è quasi il 30% della popolazione carceraria che dietro le sbarre si trova per reati drogacorrelati e ci sono i 37 miliardi di euro (la cifra è da capogiro) tagliati al sistema dei servizi e della presa in carico in dieci anni.

Ma il punto a cui si torna sempre, in ogni discorso, in ogni piano d’azione, sono loro: i figli dimenticati. E non è un caso che quando l’arcivescovo di Genova, Marco Tasca, lo mette nero su bianco con un discorso appassionato, nella sala piena di Palazzo Ducale scroscino improvvisamente gli applausi: «Che ci fa un vescovo qui? – dice Tasca –. Viene a ricordarvi la parola del Vangelo, cioè che Gesù vuole per noi una vita bella, felice, realizzata. Questo è il sogno che Dio ha su di noi. Ma noi, noi che sogni stiamo dando ai nostri ragazzi?». Nella società del “tutto perfetto ad ogni costo”, in cui i più piccoli (sempre più piccoli) annegano, «nessuno chiede più loro, e voglio parafrasare una celebre canzone, “perché lo fai?”». L’appello allora è a mettersi insieme, tutti, la Chiesa, la scuola, la politica, le reti sociali, «per tornare ad ascoltare».

Poco dopo è un altro uomo di chiesa, don Luigi Ciotti, a scuotere la platea: «Il problema delle dipendenze riguarda tutti ed è l’educazione – urla il fondatore del Gruppo Abele –. Non ci possono essere solo la scuola, o la famiglia, ogni contesto deve diventare educativo, anche quello sociale. Chiedo e voglio città educative: se i giovani trovano riferimenti credibili, i giovani ci sono. Sono stanco di sentir ripetere che i giovani non ci sono: ci sono, ma a loro stiamo divorando il futuro. I giovani sono stanchi di parole». Lo sguardo si allarga: sul tavolo finiscono la dispersione scolastica, il disagio, la povertà educativa, la mancanza totale di prevenzione e persino di un discorso sulle droghe.

A mettere in fila i temi è la ministra per le Pari opportunità e la Famiglia Elena Bonetti, seguita dal Garante per l’Infanzia e l’adolescenza, Carla Garlatti: «Riscontriamo questo nei nostri momenti di confronto e di dibattito che organizziamo – fa presente –: tra gli adolescenti c’è la più totale disinformazione sul tema, non sanno che la droga fa male, non sanno che rischi si corrono drogandosi, anche sul piano giuridico. Pensare che la Convenzione Onu prevede un obbligo per gli Stati di informare i giovani in questo senso». Impegno non pervenuto, complice il taglio dei fondi a cui si faceva riferimento poco fa. Che comprende anche – sembra incredibile – la mancanza di un percorso di formazione curriculare e di un accreditamento sia dei docenti di riferimento nelle scuole sia degli operatori nei servizi pubblici e in quelli privati. Delle droghe non sanno niente, i minori che a un’età sempre più bassa vi si avvicinano; delle droghe sanno poco gli adulti (che pure, sempre più spesso, ne fanno uso); nelle droghe restano inghiottite le famiglie, incapaci di riconoscere il problema o di gestirlo.

E di giovani adulti continuano, così, a riempirsi le carceri (un problema evidenziato con forza anche dalla ministra Cartabia, che è tornata a insistere sulla necessità di misure alternative) perché quel sistema di presa in carico che qui a Genova tutti invocano – il mondo delle comunità e dei servizi i cui operatori sono stati per lo più costretti a star seduti in platea, ad ascoltare – è in ginocchio. La vera sfida della ministra Dadone, da questa Conferenza in avanti, è rimetterlo in piedi coinvogendolo. Quella del governo è riportare i ragazzi (oltre il “bla bla bla” del Next generation Eu abbondantemente usato anche a questi tavoli) in cima alla lista delle priorità.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: