martedì 15 ottobre 2019
In 4 scuole e un oratorio del Bergamasco è partito il «Progetto scudo», che prevede l’esame del capello dai 12 anni per chi entra in classe, oltre che formazione per le famiglie e incontri
Droga e alcol, risposte rapide dove i Comuni fanno vera rete
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L’hanno chiamato «Progetto scudo» perché i ragazzi sono ormai senza protezione, quando invece ne hanno più che mai bisogno. Le famiglie scoprono l’abuso di sostanze nei propri figli con cinque anni di ritardo, e chiedono aiuto dopo altri due. In sette anni la vita di un adolescente è già stata asfaltata, senza che nessuno s’accorgesse come, quando e perché. A furia di parlare di “interventi precoci”, troppi anni sono passati senza che nel nostro Paese si facesse nulla di concreto, sul fronte della lotta alle dipendenze.

Ai fatti ha deciso di passare prima dell’estate Enrico Coppola, presidente dell’Associazione genitori antidroga (Aga), convincendo 7 Comuni della Bergamasca ad appoggiare un’iniziativa che ha dello straordinario non solo per l’età del campione sperimentale cui si rivolge (ragazzini di 12/13 anni), ma soprattutto per il suo nocciolo operativo: sottoporre volontariamente all’esame del capello chi entra in classe, e per tutto l’arco delle superiori.

Niente di insopportabile o eccessivamente securitario per le famiglie, che pure nella maggior parte dei casi restano convinte d’avere figli “perfetti”. «Al contrario – spiega Coppola –, visto che parte integrante del progetto, oltre l’e- same da svolgere ogni 6 mesi, è un percorso di incontri di formazione con i genitori e di condivisione tra adulti e adolescenti, abbiamo subito toccato con mano il successo della proposta». Con le famiglie sollevate, pensando che quest’ultima possa permettere loro di mantenere un occhio vigile e realistico sulla vita dei propri figli, e con i ragazzi addirittura contenti di sottoporsi al test, convinti (proprio perché appena usciti dalle medie, e quindi intercettati in una fase in cui sono ancora immuni dai diktat del branco) che esagerare con l’alcol o fare uso di sostanze sia sbagliato, o quanto meno rischioso.

Il progetto, che avrà una durata quadriennale e che è portato avanti sul piano della ricerca assieme all’Università di Bologna, è partito a settembre nelle scuole medie di Pontirolo, Brembate, Verdello e Castel Rozzone, oltre che nell’oratorio di Zanica, segnato in passato da alcuni episodi allarmanti di abuso di sostanze tra i ragazzi: «Qui è stato il coraggio di un parroco a innescare tutto – continua Coppola –. Per le scuole è stato invece determinante l’impegno delle amministrazioni. Segno, in entrambi i casi, che soltanto mettendosi in rete si può arginare la piaga delle dipendenze ».

Per questa prima fase gli esami del capello si effettueranno infatti proprio all’interno dei plessi scolastici, grazie alla presenza degli operatori sanitari dell’associazione: «In futuro, invece, sperando che il modello inaugurato qui possa contagiare anche altre città, quartieri, scuole, associazioni sportive, i test potrebbero essere direttamente effettuati nelle Asl di riferimento». Trasformando l’esame in uno strumento di profilassi a tutti gli effetti, «visto che di una malattia e di una malattia sociale parliamo quando ci riferiamo alla dipendenza da sostanze». Il ritmo del contagio, d’altronde, nella Bergamasca è drammatico: l’ultima rilevazione sui consumi nell’area ha registrato un’impennata del 50% rispetto a due anni fa. Con 100mila dosi di cannabis consumate al giorno su una popolazione di 1 milione e 100mila persone: una ogni 11.

Drammatici anche i dati relativi alla cocaina, con 20mila dosi consumate al giorno: «Innanzi a questi numeri, che sono uno spaccato di quel che sta avvenendo nel Paese, non possiamo più stare fermi. Ecco perché speriamo che il Progetto Scudo possa essere replicato su scala nazionale». Convincendo anche il ministero dell’Istruzione a renderlo proprio, adottando la “ricompensa” dei crediti formativi aggiuntivi per chi effettua l’esame del capello. «La prevenzione deve passare una volta per tutte dalla scuola ».

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