venerdì 26 febbraio 2021
Ai vertici Ue il premier chiede una linea dura per accelerare. Stop a export e 'frenare' il Covax se mancano fiale in Ue. Produzione italiana, incontro Giorgetti-aziende
Draghi dà la priorità alle prime dosi. Ma «nessuna scusa per i produttori»

Ansa

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Il primo intervento ufficiale al Consiglio Ue in qualità di premier italiano è quasi un rimprovero ai colleghi per lo stato dell’arte. Mario Draghi parla pochi minuti dopo che Ursula von der Leyen con delle slide ha fornito le stime sulla distribuzione dei vaccini nei prossimi mesi. «Non sono dati rassicuranti, non ci sono le certezze che cerchiamo», gela tutti il presidente del Consiglio italiano. Poi, con il volto tirato ma senza alzare i toni, fa capire che, almeno lui, non ha alcuna voglia di capire le ragioni dei produttori: «Non dovrebbero essere scusati», dice ai vertici delle istituzioni comunitarie ai quali chiede un’azione «coordinata, rapida e trasparente » per «fermare la corsa delle mutazioni».

Un intervento molto diretto, quindi, sulla linea di quelli che Draghi teneva ai Consigli Ue sino a pochi mesi fa in qualità di presidente della Banca centrale europea. Niente alibi a Big Pharma, insomma. Ma nemmeno alla stessa Ue e agli Stati nazionali. «Bisogna accelerare», ripete più volte Draghi nel suo breve intervento. E accelerare vuol dire due cose. La prima, appunto, pretendere con ogni forma di pressione che le aziende diano le fiale pattuite, e in questa di- rezione va anche la richiesta di contingentare il loro export «finché in Europa i vaccini scarseggiano ». Ma il secondo significato del verbo accelerare è più dirompente: «C’è la possibilità di dare priorità alle prime dosi alla luce della recente letteratura scientifica». Ovvero, mettere da parte i richiami e dare una fiala a quanti più cittadini è possibile, constatato che il livello di protezione è comunque alto. Una svolta che a questo punto, data la nettezza delle parole di Draghi, si attende a partire proprio dalle regole italiane di somministrazione del vaccino. Il conto è presto fatto: a parità di ritmo di vaccinazione di questi primi due mesi della campagna, a fine aprile, iniettando più prime dosi e tralasciando i richiami, l’Italia potrebbe arrivare al minimo a 10 milioni di cittadini 'immunizzati'. È da giorni che Draghi prepara questa svolta. E dal punto di vista amministrativo alcuni fatti già stanno accadendo.

L’Agenzia del farmaco (Aifa) prima ha esteso AstraZeneca sino ai 65 anni, ieri ha inoltre formalizzato il principio della 'dose unica' per le persone guarite. Tra le richieste di Draghi all’Ue, anche un «approccio comune» sui test. Su Covax, il progetto Ue-Onu per l’accesso globale ai vaccini, Draghi conferma il sostegno italiano, ma avrebbe chiesto di non procedere a donazioni ora che in Europa non ci sono dosi sufficienti a rassicurare l’opinione pubblica. Perché si solleverebbe, avrebbe detto il premier, un problema di credibilità nei confronti dei cittadini europei. Poco prima che iniziasse il Consiglio Ue, il ministro dello Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti, era invece in riunione con il presidente di Farmindustria, Massimo Scaccabarozzi, il presidente dell’Aifa, Giorgio Palù, e il commissario straordinario Domenico Arcuri. Obiettivo: porre le basi del contributo italiano a un aumento della produzione dentro l’Ue e sondare le possibilità di una produzione italiana. Il Mise ha però smentito che si sia parlato della produzione ex novo di bioreattori, ipotesi «lontana dalla realtà».

Eppure, dalle prime indiscrezioni sembrava essere emersa l’esistenza di alcuni siti in Veneto, Lazio e Puglia in cui immaginare la riconversione degli impianti esistenti. Il ministro Giorgetti a conclusione dell’incontro non ha fatto promesse: «Non è una cosa semplice. Abbiamo chiesto a tutti il massimo impegno, le massime disponibilità e determinazione per cercare di risolvere il problema», ha sottolineato, ribadendo che dal «governo c’è la totale disponibilità di strumenti normativi e finanziari per raggiungere l’obiettivo della produzione di vaccini in Italia ». Alcune risorse potrebbero anche essere prese dal Recovery plan in riscrittura. Farmindustria dal canto suo ha offerto la propria disponibilità: «Siamo pronti per questo progetto di grande collaborazione pubblico-privato - ha affermato Scaccabarozzi -. Nessuno si tiri indietro, ma tutti facciano lo sforzo massimo per il raggiungimento dell’obiettivo». Il prossimo incontro è stato fissato per mercoledì prossimo.

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