venerdì 4 giugno 2021
il responsabile di Pediatria generale e Malattie infettive al Bambino Gesù, già nel Cts: proteggerli è fondamentale, perché anche loro corrono rischi
Alberto Villani, primario di Pediatria all'ospedale Bambino Gesù di Roma

Alberto Villani, primario di Pediatria all'ospedale Bambino Gesù di Roma

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Forse perché ne ha visti, di bambini col Covid ricoverati in terapia intensiva, Alberto Villani fatica a sentire snocciolate le ragioni di quei genitori – pochi, a dire il vero – che in queste ore si dicono preoccupati per le vaccinazioni antiCovid. «Se esiste un rischio, ed esiste, che anche i piccoli contraggano questa malattia in modo severo e possano addirittura morirne, e se esiste un modo per non correre quel rischio, non c’è spazio per alcuna esitazione» spiega il responsabile di Pediatria generale e Malattie infettive al Bambino Gesù, reduce da un anno di battaglie per i più piccoli all’interno del Cts (da cui è uscito lo scorso marzo).

Professore, intanto parliamo della sicurezza di questi vaccini. Lo sono davvero anche per i bambini?

Tutti i dati lo dimostrano: sono sicuri ed efficaci anche per i più piccoli. Mi aspetto, anzi, che a breve li vedremo approvati anche per le fasce d’età inferiori ai 12 anni. E si tratta di un’ottima notizia: che anche loro siano protetti dal Covid è fondamentale.

Perché, se i dati e tutte le ricerche ci hanno detto in questi mesi che i piccoli rischiano poco o nulla col Covid?

Il fatto che rischiano meno non vuol dire che non corrono rischi, anzi. Mi permetta di ricordare qualche dato: in Italia, dove abbiamo la grande fortuna di poter contare su un Servizio sanitario efficiente nelle cure pediatriche, abbiamo avuto 30 morti tra i bambini e tra i 200 e i 300 ricoveri, di cui alcune decine in terapia intensiva. Si trattava nella maggior parte dei casi di bambini fragili, certamente: con patologie pregresse e comorbidità. Ancora dati: negli Usa i morti per Covid tra i bambini sono stati 300, migliaia i ricoverati; in Brasile 3mila; in India altrettanti.

Insomma, vanno vaccinati innanzitutto per proteggerli.

Esattamente, e in questo senso la responsabilità dei genitori è enorme. Chi può avere la certezza che il proprio bimbo non sarò tra i – pur pochi – casi gravi di Covid? Vorrei che ogni madre e ogni padre si facesse questa domanda. Abbiamo avuto la fortuna enorme e insperata di trovare vaccini capaci di proteggerci in meno di un anno. Non cogliere questa opportunità è insensato.

Osserveremo effetti avversi dei vaccini anche nei bambini?

Gonfiore al braccio, qualche linea di febbre, un po’ di cefalea. Nulla di diverso da quello che può accadere con qualsiasi altra vaccinazione e, soprattutto, nulla di cui preoccuparsi.

Grazie alle vaccinazioni sui più piccoli si guarda con più ottimismo anche a settembre, quando riapriranno le scuole. È possibile immaginare che non si debba usare più la mascherina in classe?

È possibile. D’altronde le autorità scientifiche stanno già rivalutando l’uso delle mascherine per i prossimi mesi estivi.

Che ne pensa del ruolo attribuito ai pediatri? I più piccoli saranno vaccinati negli studi?

Appena ci saranno le condizioni per farlo, sì. Prima dovrà esaurirsi la prima ondata vaccinale, che per i numeri straordinari di persone da immunizzare tutte insieme necessariamente si sta svolgendo soprattutto nei grandi hub. I pediatri in ogni caso sono pronti a fare la loro parte.

Dunque ci avviciniamo a un ritorno alla normalità anche per i bambini, professore?

Le confesso che non amo questa espressione, anzi. Io spero con tutte le mie forze che non si torni affatto alla normalità, se per normalità intendiamo il mondo che conoscevamo prima del Covid. Significherebbe non aver imparato niente. In particolare, occorre ripensare globalmente l’approccio all’età evolutiva, che per troppo tempo è stata trascurata, coi risultati drammatici che sono sotto gli occhi di tutti e che la pandemia ha solo evidenziato. Il boom di accessi ai reparti di neuropsichiatria? Da anni registravamo numeri da capogiro. Il fenomeno dell’abbandono scolastico? Già denunciato. Stessa cosa per il disagio giovanile e la povertà culturale. Come pediatri non a caso abbiamo lanciato un forte appello al premier Draghi, lo scorso aprile, proprio perché ci sia una presa in carico forte di tutte le problematicità che riguardano il pianeta infanzia. Finora ignorate.

Rimpianti del suo anno al Cts?

Abbiamo dovuto prendere decisioni forti, dettate dall’emergenza che stavamo vivendo, spesso senza essere davvero capiti. Rifarei tutta la comunicazione, di quelle scelte. E se avessi voce in capitolo per decidere, vorrei seduta stante l’educazione sanitaria nelle scuole: ai bambini dobbiamo spiegare questi temi, l’Italia sconta un ritardo culturale enorme sul fronte della sanità. I giovanissimi, per altro, sono molto più avanti dei loro genitori: non a caso corrono agli hub e non vedono l’ora di poterlo ricevere, il vaccino.

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