mercoledì 28 giugno 2017
Il prefetto di Reggio Calabria assicura protezione alla coop che lavora i terreni confiscati alle cosche. La solidarietà del vescovo Milito: «Vili attentati»
Il cancello divelto della cooperativa

Il cancello divelto della cooperativa

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Intensificata la vigilanza ai terreni della Valle del Marro. Lo ha deciso ieri il Comitato provinciale per l’ordine a la sicurezza, convocato «con urgenza» dal prefetto di Reggio Calabria Michele di Bari dopo i cinque sabotaggi che hanno colpito nei giorni scorsi la cooperativa che coltiva terreni confiscati alla ’ndrangheta. «Lo Stato non arretra, mettendo in campo le sue migliori energie», assicura il prefetto che sempre ieri si è recato a visitare i beni della Valle del Marro danneggiati. «Era importante – ci spiega – far sentire concretamente ai socie e lavoratori della cooperativa la vicinanza delle istituzioni e anche far vedere a tutti che siamo al loro fianco».

Oltre al prefetto anche il comandante provinciale dei Carabinieri colonnello Giancarlo Scafuri ha voluto parlare coi membri della cooperativa. «Abbiamo spiegato e ci ha ascoltato con grande attenzione – commenta il presidente della Valle del Marro Domenico Fazzari, che è stato invitato al Comitato assieme al parroco don Pino Demasi, 'papà della cooperativa –. È fondamentale aver avuto vicine le istituzioni in questa circostanza. Ma in questi 13 anni il sostegno non è mai mancato ed è stata la nostra fortuna». E alla cooperativa è arrivata anche la forte «solidarietà » del vescovo di Oppido-Palmi, monsignor Francesco Milito che parla di «riprovazione totale dei motivi che in perfetto stile persecutorio e vessatorio hanno ispirato i vili attentati».

Ricordiamo che la Valle del Marro è nata nel 2004 dalla collaborazione tra la diocesi e Libera, e col sostegno del Progetto Policoro della Cei. «Il Vescovo e La Chiesa diocesana, tutta – scrive Milito – restano uniti e si fanno vicini ai membri della cooperativa, che intendono testimoniare la propria fede anche nel campo delle attività produttive, fonte di reddito e prova di un lavoro capace di sviluppare nella libertà e nell’onestà un valido contributo al bene comune». L’ennesimo attentato, conclude il vescovo, «è prova e conferma della vigilanza continua ed alta di cui ha bisogno questo territorio, per altro così ricco di positive potenzialità e di oneste prospettive di sviluppo e di crescita».

«Le misure le abbiamo prese tutte. Stiamo 'sul pezzo', siamo molto attenti e vogliamo che sia capito bene...», torna a spiegare il prefetto. Ribadendo «la vicinanza delle istituzioni alla cooperativa che con la propria attività, nel delicato settore della gestione e dell’utilizzo sociale di beni confiscati alla ’ndrangheta, costituisce una testimonianza di coraggio e coerenza soprattutto per i giovani di questo territorio».

Una situazione che non va sottovalutata come ci conferma Enzo Ciconte, docente di Storia della criminalità organizzata all’Università RomaTre, e uno dei maggiori esperti di ’ndrangheta. «È stata un’azione orchestrata. Sono 'geniali' questi ’ndranghetisti perché fanno delle attività con impatto sociale zero, quasi nessuno se ne accorge, ma efficaci sul piano economico. Non hanno messo una bomba che avrebbe attirato l’attenzione. Invece in questo modo non c’è nessun telegiornale che ne parla. Ma il danno è gravissimo». Però le istituzioni hanno risposto prontamente. Mentre i giovani della cooperativa sono come sempre al lavoro sui campi. Il loro slogan, da 13 anni è «Cambiare per restare, restare per cambiare».

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