giovedì 27 maggio 2021
Il dottore prescriveva un oppioide ai suoi pazienti per sopportare la fatica del lavoro nei campi. La Caritas diocesana avvia progetti di prevenzione del capolarato, fenomeno diffuso nell'Agro Pontino
Doping per i braccianti stranieri, arrestato medico
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Il doping come mezzo illegale non per vincere una gara sportiva ma per resistere alla fatica del lavoro nei campi. Ormai succede anche questo nelle vaste campagne del territorio pontino, almeno stando alla vicenda del medico arrestato martedì dai carabinieri del Nas di Latina, che lo vede anche interdetto dalla professione per un anno insieme a una farmacista, mentre per una donna di nazionalità marocchina è scattato il divieto di dimora in provincia di Latina.

Il professionista, medico di medicina generale a Sabaudia, è accusato con gli altri due indagati a vario titolo tra loro di illecita prescrizione di farmaci ad azione stupefacente, favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, falso e truffa ai danni dello Stato. Secondo gli investigatori del Nas, il medico a più riprese nel tempo avrebbe prescritto a suoi 222 assistiti circa 1.500 confezioni di ossicodone, applicando anche l’esenzione dal ticket, per un danno economico di oltre 24 mila euro. Un episodio questo che non va preso come un singolo caso di cronaca, al contrario va posizionato in un contesto più ampio dal punto di vista geografico, economico e sociale, per capirne la gravità. Intanto, gli assistiti sono per la maggior parte braccianti agricoli indiani. L’ossicodone, spesso citato nei polizieschi americani, è un oppioide utilizzato contro il dolore grave, simile alla morfina, e può indurre dipendenza. Anche questo, un potente farmaco, pur di sopportare la fatica del lavoro nei campi, dall’alba al tramonto, sotto il sole e senza dispositivi di protezione.

Sono questi braccianti, e chissà quanti altri ne sfuggono, i nuovi schiavi del Triangolo d’oro, il territorio compreso tra Sabaudia, San Felice Circeo e Terracina, dove si trovano decine di imprese agricole e florovivaistiche che riescono a far arrivare i loro prodotti in Italia e in Europa, dove sono molto apprezzati, grazie al vicino Mercato Ortofrutticolo di Fondi. L’Agro pontino ospita una delle più grandi comunità indiane in Italia, la maggior parte provengono dal Punjab, una regione a forte vocazione agricola simile a Latina. Arrivano con chissà quali sogni di migliorare la vita, alcuni ci riescono ma tanti altri finiscono nelle mani di disonesti, come hanno dimostrato le numerose operazioni di polizia contro il caporalato in agricoltura eseguite da alcuni anni a questa parte. Il caso del doping non è neanche una novità. Nel 2018, la Squadra mobile pontina scoprì un carico di polvere estratta dalla palma di Betel, non una droga tra quelle classificate come tali in Italia ma usata per avere lo stesso effetto, sopportare la fatica nei campi e tenere alto il rendimento della raccolta.

Non sempre il territorio è stato all’altezza della situazione, così nelle inchieste giudiziarie sono finiti anche sindacalisti, ispettori del lavoro, impiegati pubblici che trattavano le pratiche dell’immigrazione, complici nello sfruttamento. A fronte di questi, però, anche il lavoro delle forze di polizia, di quella parte sana di sindacati che chiedono maggiori mezzi e personale per le ispezioni e che stringono accordi migliorativi per i contratti di lavoro, di istituzioni come la Regione che domani aprirà riunioni a livello locale contro questo fenomeno. Sul fronte della prevenzione non manca il lavoro della Caritas diocesana di Latina, da anni impegnata nel contrasto al caporalato, ora con i progetti Sipla e Radix, insieme a partner nazionali, e finanziati dal Fami. Un impegno fatto di prossimità, informando e assistendo gli immigrati nel vantare i loro diritti e vivere con dignità.

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