sabato 19 giugno 2021
Ma un politico ha cercato di speculare in funzione elettorale sui martiri, attaccando il Comune e il sindaco con l'accusa, dimostratasi infondata dopo le verifiche di Avvenire, di censura
La lapide che ricorda il martirio di don Tarticchio, infoibato dalle milizie comuniste di Tito. Memoria e dolore non devono però essere usati per piccoli giochi politici

La lapide che ricorda il martirio di don Tarticchio, infoibato dalle milizie comuniste di Tito. Memoria e dolore non devono però essere usati per piccoli giochi politici - Avvenire

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Quasi 80 anni dopo il suo martirio, Milano ieri ha inciso nel marmo la memoria di don Angelo Tarticchio, giovane sacerdote istriano prelevato la notte del 16 settembre 1943 dalla canonica di Villa di Rovigno dai partigiani comunisti di Tito e infoibato dopo una notte di sevizie insieme a 43 parrocchiani. Riesumato dai Vigili del Fuoco di Pola un mese dopo, fu trovato nudo, mutilato e con sul capo una corona di spine in filo di ferro.

L’iniziativa, partita dall’esule istriano Romano Cramer, presidente del Comitato pro monumento, e da Matteo Gherghetta, presidente della locale Associazione nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, è stata portata avanti dal Municipio 2, proprio quello incastonato tra piazzale Istria, Largo Martiri delle Foibe, viale Zara e via Pola.

Eppure che non tutto stesse andando per il verso giusto la piccola folla di esuli istriani, fiumani e dalmati lo ha còlto subito, quando Samuele Piscina, presidente del Municipio 2, ha scoperto la targa nei giardini di piazzale Farina: una targa “incerottata”, con la frase originale “infoibato dai comunisti jugoslavi di Tito” corretta con “dalle milizie jugoslave di Tito”. Che comuniste certamente erano.

Un mormorio di sorpresa da parte dei presenti ha dato modo a Piscina di spiegare la sua versione dei fatti: “Pensavo che questo potesse essere un momento per ricordare una parte di storia per troppi anni volontariamente nascosta. Duole constatare che non sia stato così per tutti: il Comune di Milano ha inspiegabilmente osteggiato l’iniziativa appellandosi a normative…”.

Non solo, secondo Piscina dalle segrete stanze di Palazzo Marino due giorni fa gli è giunto un diktat: togliere la parola “comunista” o la targa non s’ha da fare. “Per essere concilianti abbiamo accettato, ma non è bastato”, ha concluso il presidente del Municipio 2 in quota Lega, “il capo di Gabinetto del sindaco Sala ha evocato una delibera del 2019 relativa al comitato Milano è Memoria, che secondo Palazzo Marino avrebbe dovuto avallare la targa prima dell’affissione. Mi auguro che il Sindaco Sala torni subito sui suoi passi”. Ecco spiegato il “cerotto” che ieri imbavagliava la targa…

Possibile che il sindaco Sala, lo stesso che il 10 ottobre 2020 in piazza della Repubblica aveva inaugurato il grande Monumento alle Foibe e all’Esodo dei Giuliano Dalmati, se la prendesse con la targa a un martire indiscusso?

Lo stesso Sala che un mese fa in una lettera al Comitato pro monumento aveva scritto a chiare lettere che “tra le forze che sostengono la mia amministrazione non c’è spazio alcuno per i negazionisti delle Foibe”?

Il chiarimento ci arriva direttamente da Palazzo Marino: “La procedura corretta per chiunque a Milano voglia apporre una targa è di presentare il progetto al Comitato Milano è Memoria, istituito per tutte le ricorrenze e le celebrazioni. Il Municipio 2 solo venerdì mattina, giorno prima della posa della targa, ha presentato regolare domanda, ora verrà vagliata e seguirà l’iter uguale per tutti”.

Su don Tarticchio, “figura elevata di martire, ovviamente nessun dubbio”. Quanto alla parola “comunisti” da censurare, “nessuno si è mai sognato di chiedere una cosa del genere, sarebbe negare la storia”.

Su questo fa parziale retromarcia Piscina, che ammette essersi trattato “di un consiglio informale, arrivato da un funzionario di Palazzo Marino, non a me direttamente ma alla mia dirigente, in modo orale e senza alcuna ufficialità”… Insomma, per dirla con Palazzo Marino, “le chiacchiere non hanno alcun valore, né Milano è Memoria né tantomeno il Gabinetto del sindaco hanno mai fatto una richiesta così assurda”.

Un’operazione che rischia di essere un boomerang, perché ora la procedura regolare è partita davvero, ma ormai con un testo “incerottato” senza alcun reale motivo.

Ma tornando alle cose serie, grande è stata l’emozione da parte dei parenti di don Tarticchio, i cugini Piero e Barbara Tarticchio e il pronipote Gian Paolo Pola. “Avevo 7 anni quando mio padre mi portò al funerale di don Angelo – ha testimoniato Piero Tarticchio, scrittore e artista –, la chiesa di Gallesano era gremita, la gente sconfortata. Papà mi stringeva la mano, mai avrebbe immaginato che venti mesi dopo avrebbe fatto la stessa fine. Erano tutte vittime innocenti, i colpevoli erano scappati da tempo”.

Il suo martirio rappresenta quello di tutto il clero – ha ricordato Cramer –, non solo i tanti sacerdoti italiani ma anche i tantissimi sloveni e croati trucidati da Tito. Ora che la richiesta regolare è partita, aspetto la cerimonia ufficiale con il Comune di Milano”, magari proprio a settembre, nella data in cui don Angelo fu assassinato. “Grazie al Giorno del Ricordo, istituito per legge, oggi ne possiamo parlare – ha detto Gherghetta –, ma ancora permangono nel Dna sacche di ignoranza e negazionismo che dobbiamo tutti insieme rimuovere”.

Padre Mauro, parroco di Sant’Angela Merici, ha pregato “per don Angelo e per tutte le vittime delle violenze” e, citando il Vangelo, ha parlato di perdono, “una provocazione forte, perché il perdono è un cammino pesante, ma libera prima di tutto chi perdona”, come sanno bene i sopravvissuti del grande esodo istriano, fiumano e dalmata, capaci di non dimenticare ma anche di non odiare.

Il presidente del Municipio 2 ci aveva annunciato che, per rispetto ai regolamenti, finita la cerimonia avrebbe coperto di nuovo la targa con il suo drappo crociato del Comune di Milano “in attesa del nulla osta ufficiale, per dimostrare tutta la nostra buona volontà”.

Ma nel pomeriggio gli esuli tornati sul posto hanno trovato tutt’altra copertura: “Targa censurata in memoria di un martire delle foibe”. Non c’è pace per don Angelo Tarticchio.

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