martedì 3 dicembre 2019
Basta con l’assistenzialismo, la fragilità umana è una ricchezza per il tessuto sociale Centri diurni, percorsi di accompagnamento al lavoro, supporto alle famiglie: ecco l’impegno della Chiesa
Suor Donatello (Cei): è l'ora dell'inclusione
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Più di un miliardo di persone vive nel mondo con qualche forma di disabilità, circa il 15% della popolazione. Un trend in ascesa rispetto al passato: negli anni Settanta questa stima era infatti intorno al 10%. Per loro l’Onu ha proclamato nel 1981 la Giornata internazionale delle persone con disabilità, che cade ogni 3 dicembre, con lo scopo in particolare di promuovere i diritti e il benessere dei disabili. Anche nel nostro Paese per l’occasione sono state organizzate da Nord a Sud iniziative, progetti, mostre, fiaccolate. Caritas Italiana ha pubblicato online il suo 53° Dossier con dati e testimonianze dal titolo "Prendersi cura. Inclusione, il vero bisogno speciale". E sempre all’inclusione – stavolta quella lavorativa – è dedicato il rapporto che sarà illustrato oggi pomeriggio al ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. Il capo dello Stato, Sergio Mattarella, è intervenuto stamani alla presentazione del rapporto Istat sulla condizione dei disabili, organizzata assieme al Comitato Italiano Paralimpico e a Inail. Dai dati emerge che tra i 15 e i 64 anni risulta occupato solo il 31,3% di coloro che soffrono di gravi limitazioni (26,7% tra le donne, 36,3% tra gli uomini) contro il 57,8% delle persone del resto della popolazione. Consentire parità e inclusione ai disabili, ha detto Mattarella, è una questione di «volontà e diritti da affermare».

Tanti e diversi sono i modi di concepire la “disabilità”. Nella Giornata internazionale, Suor Veronica Amata Donatello ricorda che per la Chiesa «la persona con disabilità è piuttosto una ricchezza unica, originale e indispensabile di un tessuto sociale che abbia in sé la profezia di guardare orizzonti lontani». Religiosa abruzzese, appartenente alla Congregazione delle Suore Francescane Alcantarine, dopo essere stata la responsabile del Settore per la catechesi delle persone disabili dell’Ufficio Catechistico nazionale della Cei, è stata nominata responsabile del neo costituito Servizio nazionale per la pastorale delle persone con disabilità. È la prima suora a dirigere uno degli Uffici Cei.

Cosa cambia quando in una comunità entra una persona con disabilità?
Le persone con disabilità ci evangelizzano e ci fanno cogliere l’essenza del Vangelo. Vivere la compagnia con la persona con disabilità significa generare fratellanza, restitui- re pari dignità, promuovere l’appartenenza a contesti socio- culturali in cui anche la persona con disabilità diventa capace di generare percorsi nuovi ed efficaci, dove ognuno porti ricchezza: grazie alla persona con disabilità si attivano dei processi per cui ciascuno è in grado di raccogliere e condividere la cultura con gli altri.

Ma bisogna crederci.
Continuare a mettere in atto processi inclusivi e non “abitare spazi”: capire che la persona con disabilità non è una persona meritevole di assistenza pietistica o legata agli eventi, ma una ricchezza unica, originale e indispensabile di un tessuto sociale che abbia in sé la profezia.

Deve cambiare cultura anche la Chiesa?
La stessa Chiesa e le tante agenzie educative territoriali hanno cercato e stanno ancora tentando di liberarsi dai meccanismi e dai canoni dell’assistenzialismo. Si cerca, oggi, di tenere conto della loro partecipazione attiva e della dimensione spirituale in particolare nelle persone con disturbi del neurosviluppo e nelle persone con disabilità complesse. Va ricordato, però, che nella Chiesa l’attenzione verso le persone con disabilità è stata sempre una cura amorevole e di promozione umana; da ricordare i grandi padri fondatori delle Congregazioni che hanno operato nei diversi ambiti dell’educazione, dell’ospitalità, del lavoro dando dignità alla promozione umana. Anche la Conferenza episcopale italiana, realizzando ormai 30 anni fa il settore per la catechesi delle persone disabili all’interno dell’Ufficio catechistico nazionale, ha cercato di supportare l’inserimento delle persone disabili nella comunità ecclesiale, avendo come focus i sacramenti.

Cosa si propone di fare il nuovo Servizio pastorale? Intendiamo “servire con creatività”, lavorando in sinergia con diocesi, realtà associative, congregazioni e atenei per la formazione degli operatori pastorali per attivare nuovi processi inclusivi. Ancora oggi spesso l’attenzione alle persone con disabilità è circoscritta solo in alcuni ambiti della vita, come il tempo della scuola e dell’iniziazione cristiana. Per il resto della vita permane spesso la cultura dello scarto o quella della celebrazione degli eventi: per queste persone accade “l’esistere in un territorio senza appartenere, senza partecipare” in modo attivo alla vita ordinaria della comunità.


4,3 milioni
Le persone disabili in Italia (secondo i dati dell’Osservatorio nazionale sulla salute nelle regioni italiane)
1 su 3
Chi, fra le persone con disabilità, vive in solitudine e avrebbe bisogno di assistenza e di aiuto
50%
La percentuale di persone con disabilità che avrebbero i requisiti per lavorare e sono disoccupati

Da dove partire per cambiare punto di vista? Possiamo impegnarci non solo a tutelare i diritti delle persone con disabilità e di coloro che fanno parte del loro ecosistema relazionale (famigliari, sibling e caregiver), ma possiamo convertire lo sguardo e la cultura. Possiamo essere con loro un segno profetico nella comunità e umanizzarci con loro.

Cosa proporrete alle diocesi?
Alcune diocesi hanno già messo in atto delle risposte efficaci come la realizzazione di percorsi per il Durante e Dopo di Noi, i centri diurni diocesani e parrocchiali, un nuovo approccio per vivere la dimensione spirituale del lavoro, come promozione umana di accompagnamento. Vorremmo approfondire con loro le tematiche nell’ambito antropologico, teologico, pedagogicospirituale; la formazione e il supporto all’inclusione attraverso le nuove tecnologie; supportare l’inclusione in ogni dimensione della vita e in ogni tappa della vita, rimuovere non solo le barriere fisiche ma di accessibilità, che tengano conto della dimensione metacognitiva, che permette la loro partecipazione attiva.

Da “sorella della disabilità”, ha un sogno?
Riconoscere la dignità di ciascuno certi che «la diversità non dice che chi ha i cinque sensi che funzionano bene sia migliore» (Francesco 11.6.12). Dare voce a loro e con loro. Lavorare all’inclusione pastorale della persona con disabilità nell’età giovane, adulta e anziana per non farli sentire un peso, supportare le famiglie e le buone prassi.

Una persona con disabilità può rivelarci qualcosa su Dio?
La fragilità umana mette in crisi le esistenze comode e soddisfatte di se stessi, innesca i meccanismi di una lettura interiore dell’altro che arriva fino a spingersi ad innamorarsi dell’Altro con la maiuscola . Ecco perché la fragilità della persona con disabilità diventa una grande opportunità, in quanto genera una lettura di se stessi e dell’altro e della comunità generativa. La disabilità può spingere – e spinge – intere generazioni a cogliere la bellezza dell’umanità di ciascuno di noi, fino a seminare in ognuno di noi il desiderio del fratello e dell’Assoluto, così da non lasciare indietro nessuno! Insomma, la risposta è “sì”.

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