domenica 7 ottobre 2018
La segretaria della Cisl: senza segnali pronti a una fase di conflitto. No a condoni e assistenzialismo
«Def debolissimo, subito risposte da Conte»
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È un Def debole. Anzi debolissimo. Non c’è il tema infrastrutture. Non c’è il tema crescita. Non c’è il tema lavoro. Vedo tanti titoli avvolti da una nuvola polverosa che ci impedisce di capire come verranno attuate le misure». Annamaria Furlan scuote la testa e sfida ancora il governo: «Vedo una terribile vaghezza che mi preoccupa. Vedo un progetto che prende forma e un governo incapace di aprire un confronto con le grandi rappresentanze del lavoro e dell’impresa». La segretaria della Cisl ha passato ore a guardare il Documento di economia e finanza e ora si rivolge direttamente al presidente del Consiglio chiedendo un rapido cambio di passo: «Conte non ha mai aperto un confronto con le parti sociali. Sentire sindacati e imprese è una necessità e anche un dovere, ma invece da Palazzo Chigi non è arrivato nessun segnale. Certo è ancora in tempo. C’è una Finanziaria da definire, da migliorare, da arricchire e noi siamo pronti a entrare nella partita». Saranno giorni densi di impegni. Per Furlan e per la Cisl. Domani la riunione delle segreterie unitarie di Cgil, Cils e Uil. Poi la trattativa con il vicepremier Di Maio sul futuro di Alitalia. Ancora una volta, la 'cartolina' del segretario della Cisl è però diretta all’inquilino di Palazzo Chigi: «Sì, siamo preoccupati. Il grande rischio è una manovra tutta concentrata sulla spesa e non sugli investimenti. Ecco a Conte farei subito questa domanda: il governo vuole sviluppo o solo assistenza?»

Cosa immagina che le risponderebbe?
Non immagino. Vedo un’Europa che ci boc-« cia. Vedo tensioni pericolose. Vedo un fronte populista che avanza minaccioso. E allora abbiamo una sola strada: puntare con decisione sugli investimenti. Solo così facciamo ripartire l’Italia e dimostriamo all’Europa di essere un Paese serio. L’Unione non si cambia con le battute. Ma solo mettendo al centro del dibattito temi cruciali: il lavoro giovanile, la lotta alle diseguaglianze sociali, una redistribuzione più equa del reddito. E non basta. Bisogna costruire grandi alleanze per vincere grandi battaglie. Una su tutte: anche l’Europa ha il dovere di investire. E, parallelamente, di premiare, gli Stati che investono.

A che cosa sta pensando?
Le spese su infrastrutture, ricerca, innovazione e formazione andrebbero scomputate dal calcolo del deficit. Questa è una grande battaglia che l’Italia dovrebbe fare in Europa.

Lei però sottolineava l’assoluta disattenzione sul tema infrastrutture?
Vero. Come è possibile non considerarle una priorità assoluta? Come è possibile non capire che il Sud è in agonia anche perché le infrastrutture non esistono. È una lacuna enorme e ora il tempo è scaduto: serve un grande piano di messa in sicurezza delle opere esistenti. E invece...

E invece cosa?
E invece vedo un perenne sterile dibattito ideologico. Diciamolo chiaro e forte: Tav, Tap, Terzo valico sono opere che vanno fatte. E fatte subito. Perché l’Italia deve essere ancora più collegata con l’Europa. Perchè il costo dell’energia, che è il 30 per cento più alto rispetto al resto d’Europa, va abbassato con decisione.

La Cisl pensa di aprire una fase di conflitto con il governo?
Tutto dipende dalla risposte che arriveranno. Il quadro è brutto: mancano le risorse per rinnovare i contratti per il pubblico impiego. Manca una svolta sulla scuola, innovazione e ricerca. È assurdo diminuire le risorse per l’alternanza scuola-lavoro in un Paese in cui bisogna puntare sulle competenze. Una idea? Prendano come modello il 'patto della fabbrica' che abbiamo fatto con Confindustria. Persino la Commissione europea e tutte le parti sociali della Ue lo hanno apprezzato.

Il reddito di cittadinanza la convince?
La risposta alla povertà è una priorità. Anzi è un dovere. Ma non mi piace un Paese dove il lavoro diventa per pochi e il sussidio per molti. Il reddito di cittadinanza senza investimenti rischia di essere una illusione per i nostri giovani. Sarò ancora più netta: il reddito di cittadinanza ha un senso solo se accompagna la crescita del Paese, solo se legato al reinserimento nel mondo del lavoro.

Poi c’è una grande questione Mezzogiorno...
Esatto. L’altra grande sfida, legata a filo doppio al reddito di cittadinanza, è far ripartire il Mezzogiorno. E, invece, nel Def il tema Sud non esiste. È assurdo se pensiamo che proprio dal Sud, ogni anno, migliaia di talenti lasciano l’Italia. A loro non serve assistenza.

Di Maio è un giovane del Sud...
Ed è anche il ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico e ha le leve per dare risposte.

Che può fare?
Agevolare chi vuole investire. Serve una fiscalità di vantaggio per le imprese che assumono giovani. E soprattutto se sono imprese del Sud. Qui le agevolazioni dovrebbero essere pari al 100 per cento. Lo dico ancora più chiaro: niente tasse per chi assume giovani al Sud. Una misura strutturale, secca.

L’altra battaglia del governo è la flat tax.
Giusto far calare le tasse. Ma anche qui credo che debba essere assolutamente chiaro che serve una profonda riforma del fisco che premi il lavoro. Dico meno tasse sulle buste paghe dei lavoratori dipendenti, meno tasse per i pensionati, meno tasse per le famiglie. E, invece, non vedo impegni chiari, concreti, definiti. Vedo, invece, troppe ombre. Io vorrei una lotta fortissima all’evasione, non piccoli o grandi condoni. La pace fiscale? C’è una evasione accertata dall’Unione europea di 35 miliardi ogni anno solo sull’Iva. Mi pare che sarebbe giusto mettere la testa qui.

C’è qualcosa che la convince in questo Def?
Pensioni quota 100 è una buona base di partenza. Ma così come è stato immaginato rischia di penalizzare migliaia di donne che non potranno mai arrivare, soprattutto nel Sud, a 38 anni di contributi. Si devono trovare meccanismi nuovi e allora faccio una proposta: per ogni figlio un anno di contribuzione. Il valore della maternità va finalmente riconosciuto.

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