venerdì 19 febbraio 2021
Tre giorni chiuso in una scatola di ferro lungo la «rotta greca» che dalla Turchia giunge in Campania
Il piccolo Max in compagnia della sua mediatrice culturale curda

Il piccolo Max in compagnia della sua mediatrice culturale curda - .

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Max, 12 anni, profugo curdo yazida, ha raggiunto la sua meta, la Germania. Il bambino era tra le 26 persone, appartenenti alla minoranza religiosa tra le più perseguitate dal Daesh con almeno 5mila morti, giunte nel porto di Salerno un mese fa nascoste in due container. Tra loro 6 minori. Vicenda raccontata da «Avvenire», la conferma della rotta che dalla Grecia e la Turchia porta nel nostro Paese, soprattutto in Calabria, ma dall’inizio dell’anno anche in Campania. Max, assieme ad altri due ragazzini di 15 e 16 anni, era stato ospitato in un centro di accoglienza per minori a Salerno.

Gli altri tre in una comunità a Fisciano. Un’ospitalità durata poco: i due adolescenti sono fuggiti all’inizio di febbraio, Max giovedì scorso. Lo ha fatto assieme alla nonna e uno zio che, stranamente, erano stati divisi dal ragazzino e ospitati in un Cas di Sarno. Fuggiti probabilmente usufruendo dell’aiuto di chi aveva organizzato il lungo viaggio dall’Iraq, interrotto nel piazzale del porto salernitano dove gli immigrati sono stati bloccati dopo essere usciti dagli scatoloni di metallo in cui avevano vissuto per tre giorni, il tempo trascorso dal porto turco di Aliaga. Sabato dalla Germania è arrivata una telefonata a Nina Iboeva, mediatrice culturale del Progetto Pending che si occupa di prevenire, curare e riabilitare il disagio psicologico dei richiedenti asilo e tito- lari di protezione internazionale delle province di Salerno e Avellino.

«Una signora tedesca mi ha chiamato per dirmi che erano arrivati e stavano bene. Speriamo che ci possano rimanere», ci racconta Nina, curda della Georgia, che ha seguito questa vicenda come volontaria. In particolare la situazione di Max. «Purtroppo degli altri due non sappiamo nulla». Proprio la loro fuga un paio di settimane dopo l’arrivo a Salerno aveva messo in crisi il bambino. «Mi hanno chiamata dal centro e sono andata a trovarlo. Piangeva perché era rimasto da solo. Mi diceva: 'Voglio andare a casa, voglio mamma'». Mamma che ha dovuto lasciare in Iraq, intraprendendo il viaggio con la nonna e lo zio. Per farlo distrare un po’, lunedì della scorsa settimana è stato accompagnato in un circolo dove c’erano altri minori.

«Si è divertito, stava meglio». Nina gli ha portato anche dei vestiti perché aveva solo quelli che indossava durante il viaggio nel container. «Mercoledì è stato portato a trovare la nonna, era finalmente felice. Gli ho detto: 'Vengo domani a trovarti e ti porto altri vestiti'. Ma giovedì mattina mi hanno telefonato dal centro per dirmi che era sparito. Poco dopo abbiamo saputo che erano scappati anche la nonna e lo zio». Lo stesso giorno sono arrivati i documenti dai parenti in Germania per il ricongiungimento. Ma ormai erano fuggiti. «Più volte gli avevo detto che dovevano avere pazienza, perché comunque avevano diritto a raggiungere i parenti in Germania. Ma non lo hanno capito e hanno preferito fare di testa loro».

Portando a termine il loro viaggio. «Già dal porto sapevamo tutti quanti che volevano andare in Germania e che quindi sarebbero scappati, sia i minori che gli adulti – riflette Giulio Escalona, responsabile di Pending –. Questo era il loro progetto. Si capiva che erano già attrezzati e organizzati per il viaggio. Salerno era solo una tappa. Strano che alle frontiere, vedendoli con un bambino, nessuno abbia detto niente. Chissà dove sono passati». La vicenda riguarda, purtroppo, l’ennesima scomparsa di minori immigrati. Ma non tutte finiscono bene come per Max. Ed è la conferma dei problemi nell’accoglienza di questi ragazzi.

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