mercoledì 30 agosto 2017
Gioia di giocare ma tristezza per insulti razzisti
Dal Senegal alla Puglia con il pallone nella valigia
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Cinque anni fa Ababacar Diagnè decise di lasciare il Senegal per coronare il sogno di fare il calciatore in Italia. A Dakar aiutava il padre Lamine in un negozio di generi alimentari. Nei ritagli di tempo giocava a pallone per strada, come tanti ragazzi della sua città. «Sono sempre stato affascinato dal calcio europeo – dice –. Uno dei miei idoli è Iniesta del Barcellona, ma mi piace molto Verratti. Mio fratello maggiore Alioune, che viveva a Bari (oggi si è trasferito in Francia, ndr) era convinto che avessi qualità tecniche superiori alla media. Nel dicembre del 2012 tornò in Senegal e volle fortemente che mi trasferissi anch’io in Puglia. Avevo 24 anni. La mia valigia era carica di speranza».
Gli inizi non furono facili. Ma Ababacar, che i compagni di squadra chiamano affettuosamente "Baba", ci mise tanto impegno, forza di volontà e coraggio. I primi passi tra i dilettanti dell’Omnia Bitonto, dove gioca tuttora in Eccellenza, con le parentesi di Liberty Palo, Mola e Team Altamura. Centrocampista tuttofare, all’occorrenza difensore. Due stagioni fa rimase vittima di insulti razzisti da parte di alcuni tifosi avversari. Nello spogliatoio scoppiò in lacrime. «Ormai ho rimosso quei brutti episodi. Ho reagito bene, mi sono fortificato. A Bari sono stato accolto con grande affetto. Lavoro al mattino in una tappezzeria. Le società dove ho giocato sono state sempre disponibili con me. L’Omnia Bitonto mi tratta come un figlio. Qui ho trovato un ambiente eccezionale. Anche se ho 29 anni, spero di potermi affermare e di diventare magari cittadino italiano».

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