Per i 500 senegalesi che vivono in Trentino è lui il referente sempre disponibile per pratiche burocratiche e informazioni utili (lo si è visto anche in occasione del recente voto a distanza in Senegal), ma Adam Diaw, operaio di 42 anni, spera ora di veder finalmente accolta la sua domanda di cittadinanza italiana, presentata il 20 febbraio scorso: per se stesso, in Italia dal 2004, ma anche per la moglie e le tre figlie (di 10, 8 e 3 anni), l’ultima delle quali nata in riva all’Adige.
«In Senegal – racconta ripercorrendo una vita spezzata a metà dal viaggio in Italia – ho studiato prima storia e geografia a Dakar, poi mi sono formato nel settore della moda in Belgio nella prospettiva di trovare lavoro come sarto in Italia o in Francia, ma quando sono arrivato qui molte ditte tessili si erano spostate nei Paesi dell’Est». Invece che stoffe tessuti da allora si trova a dover manipolare il ferro in una zincheria trentina, un lavoro pesante ma necessario, scontando anche l’impossibilità di tornare nel suo Paese dove i titoli italiani non sono riconosciuti.
«Mi sto dando da fare – riflette Adam – come presidente dell’Associazione comunità senegalesi del Trentino (AcseT), con la quale a Rovereto organizziamo corsi di italiano e di formazione varia per i miei connazionali e per gli altri immigrati» attraverso la rete che lo sportello Cinformi della Provincia autonoma di Trento sta cercando di irrobustire fra le associazioni di immigrati, anzi di italiani senza cittadinanza.
«Ho studiato storia e moda ma faccio l’operaio»
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