mercoledì 23 novembre 2022
Presentato all’assemblea Anci un progetto che permette ai percettori del Reddito di cittadinanza e ai senza lavoro di impegnarsi ed essere sostenuti
Due dei cinque operatori impegnati a pulire le aiuole e le aree a parco tra Santa Giulia e Rogoredo, a Milanoo

Due dei cinque operatori impegnati a pulire le aiuole e le aree a parco tra Santa Giulia e Rogoredo, a Milanoo - Collaboratori

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Il reddito all’inizio è precario, ma la cittadinanza ne esce rafforzata. Insieme all’ autostima. L’operazione “Custodi del Bello”, presentata a Bergamo, durante l’assemblea dell’Associazione nazionale dei Comuni italiani (Anci), attraverso progetti di utilità collettiva, permette ai percettori del reddito di cittadinanza - ma anche a disoccupati segnalati dai servizi sociali e accompagnati dalle cooperative nel loro reinserimento lavorativo - di impegnarsi ed essere sostenuti. “Custodi del Bello” coinvolge le persone in difficoltà sociale nella cura di aree pubbliche ed è già attivo a Milano, Roma, Firenze, Brescia e Savona; viene gestito dal Consorzio Communitas in collaborazione con la fondazione Angeli del Bello e l’associazione Extrapulita.

A Milano l’organizzazione è affidata a Consorzio Farsi Prossimo e alla cooperativa Detto Fatto. Siamo andati a vedere cosa facciano realmente i custodi e li abbiamo trovati effettivamente a pulire le aiuole e le aree a parco tra Santa Giulia e Rogoredo vecchia, dove le grandi industrie della periferia sud di Milano sono state sostituite da moderni complessi residenziali. Piccola cosa? Per restare a Milano, nel solo 2022 hanno partecipato a questo progetto 80 persone e curato 25 quartieri. Dal 2017 ad oggi sono state coinvolte 150 persone, di queste 110 hanno finito il percorso e almeno 45 hanno trovato una soluzione lavorativa.


Cinque uomini, vestiti come operatori ecologici, abili come operatori ecologici, due su cinque con un passato da operatori ecologici e un presente da disoccupati. Tutti molto, ma molto sfiduciati, finché non sono diventati “Custodi del bello”.

«Non so cosa fare del mio diploma di ragioneria se nessuno mi fa lavorare come ragioniere - ci racconta Maurizio, 33 anni, gli ultimi cinque trascorsi combattendo contro la crisi - e pulire le strade è comunque fare un’esperienza, come ne ho fatte tante, ad esempio cassiere in una sala scommesse, facchino in un’impresa di traslochi e addetto al volantinaggio».

Precariato e, quando il contratto esisteva, fallimenti aziendali e di nuovo per strada, insieme a tanti coetanei diplomati. Una storia come tante altre, purtroppo. Questo giovane uomo non è certo stato seduto su una poltrona ad aspettare che un contratto piovesse dal cielo, ma finora non è servito granché passare le serate in biblioteca a mandare curricula. Decisivo, invece, mettere da parte l’orgoglio - legittimo - e rivolgersi ai servizi sociali. Il tirocinio retribuito gli ha ridato fiducia e la speranza di un contratto per ricominciare il percorso lavorativo.

Una storia come tante, come troppe, non molto diversa da quella di Francesco, che fa parte della stessa squadra e ha qualche anno in più. Lui ha lavorato a lungo nei magazzini della Bracco di Lambrate, prima che fossero trasferiti e scattasse per molti dipendenti la mobilità e poi il licenziamento. Anche Francesco, 55 anni, non si è perso d’animo. Ha bussato alle agenzie di lavoro interinale ed è stato subito ricollocato. Era il 2017.

«Purtroppo le aziende di pulizia operano attraverso appalti che si interrompono spesso ed è stato un salto ad ostacoli portare a casa un salario» ci racconta. Lavoretti? Tanti. Contratti veri pochissimi. «Spesso facevo 30 chilometri di strada per lavorare due ore»: il suo racconto è quello di molte persone che non si limitano a chiedere un reddito e vogliono fare, ma non hanno competenze particolari e si trovano incuneate nella parte più bassa e volatile del mercato del lavoro. Da quella posizione alla panchina di un giardinetto il passo è breve.

Invece, Francesco ha cercato aiuto e l’ha trovato. Non nel centro per l’impiego. Neanche nel lavoro interinale, quando è iniziato a diventare troppo vecchio e lo selezionavano solo per inserirlo in un database («magari arrivavo a fare la visita medica e poi mi escludevano, che delusioni»). Peregrinazioni e sconforto. «Non è stato semplice superare quella fase - ammette -, ti sembra impossibile risolvere il problema e alla fine ti lasci andare, galleggi».

Una grossa mano è venuta dai familiari, che lo hanno spronato a rivolgersi ai servizi sociali. Ed è stata la soluzione. «Quando sei fuori dalla rete - è la sua testimonianza - non sai che esistono strumenti, modi e opportunità per tornare a lavorare. Ora sono qui, a fare il lavoro che ho sempre fatto, in tirocinio e spero in un contratto che mi permetta di campare».

A guidare la squadra c’è Ferdinando, due anni meno di Francesco e una esperienza di lungo periodo in ufficio e nella ristorazione, fino al 2018, alla grande crisi, al licenziamento e, poco dopo, al dormitorio pubblico. Che, mettendolo in contatto con i servizi sociali, lo ha in certo modo salvato. «Sono entrato nel progetto “Bella Milano” e ora siamo “Custodi del Bello”: collaboriamo a tenere pulita la città occupandoci delle aree dove Amsa non può arrivare».

Ferdinando ha un contratto a tempo indeterminato e conferma che «chi accede a queste forme di impiego entra che è una persona e poi cambia: arrivi qui che sei demotivato e stai perdendo anche le tue capacità lavorative e la cooperativa, i compagni di lavoro, gli stessi cittadini che si complimentano con te ti ricaricano, torni ad aver voglia di alzarti la mattina, di tenerti in ordine, ritrovi consapevolezza di te stesso. Pian piano, ti ricostruisci, anche al di fuori della vita lavorativa». Oggi Ferdinando ha una compagna. E la dignità.


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