sabato 7 maggio 2022
Il co-fondatore di Fratelli d'Italia chiarisce un passaggio degli "Appunti di un programma conservatore": «Dovere morale, non di legge. E niente multe, solo la perdita dei sussidi»
Guido Crosetto, in una foto d'archivio

Guido Crosetto, in una foto d'archivio - Ansa

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«Ma no, non penso che il lavoro debba essere obbligatorio per legge...». Ma come? È scritto negli "Appunti per un programma conservatore", nel capitolo "a cura di Guido Crosetto" diffuso da Fratelli d’Italia. «Ma quelle sono solo provocazioni culturali, idee lanciate per riflettere, scritte da un tecnico esterno cui è stato chiesto un contributo. Quei temi, ed altri, io dovevo solo commentarli, anche perché come sa non mi occupo di temi del lavoro. Erano provocazioni esterne, suggerimenti. La linea ufficiale di Fdi l’hanno espressa la Donazzan e Rizzetto nei loro interventi». Guido Crosetto, imprenditore, co-fondatore di Fdi, già coordinatore del partito, ora «amico esterno», il giorno dopo il nostro commento ( Leggi - clicca qui ) spiega e chiarisce meglio il senso del pamphlet firmato in premessa da Giorgia Meloni.

Niente obbligo per i giovani, quindi. Eppure c’è scritto che i ragazzi «non possono rifiutare le offerte e che lavorare è un dovere per sé, la famiglia e il Paese».
Certo, lavorare è un dovere morale per sé stessi, la propria famiglia e anche la comunità nazionale, ma non penso debba diventare un obbligo di legge. Se però sei un disoccupato e continui a rifiutare le offerte che ti vengono proposte, perdi il diritto ad aiuti pubblici.

La perdita dei sussidi, Rdc compreso, è già previsto. Negli "Appunti", in realtà, si parla di un «sistema sanzionatorio», di una multa...
Quella era un’evidente provocazione, la sanzione è la perdita di aiuto pubblico… l’importante è rendere efficace il sistema di incontro tra domanda e offerta di lavoro utilizzando le tecnologie più avanzate, come l’AI. E qui devo dire che parlare di sistema orwelliano, come lei ha scritto, è sbagliato, come paragonare l’elettricità alla sedia elettrica.

Il riferimento riguardava il fatto che – per come è scritta la proposta – sarebbe stata direttamente l’Intelligenza Artificiale a «rintracciare i diplomati e agganciarli alle imprese delle zona». Un po’ inquietante. Negli altri sistemi ci si iscrive liberamente...
Ma no, nessun Grande Fratello. Anche in questo caso, il sistema va alimentato da chi vuole lavorare e quindi autorizza e se si vuole proseguire occorre assentire.

Il punto è che sistemi informatici di incrocio tra domanda e offerta di lavoro esistono da decenni: dalla Borsa lavoro agli uffici placement delle università. Ma gli imprenditori preferiscono altre strade per assumere...
Esistono sistemi totalmente inefficienti e vecchi sui quali sono state bruciate risorse immense, senza alcun risultato. Invece l’Intelligenza Artificiale, la block-chain, l’innovazione digitale, possono fornire una piattaforma completamente trasparente, totalmente accessibile a tutti e di cui tutti i soggetti coinvolti possono verificare i risultati e controllare.

Sul contrasto al lavoro nero perché volete evitare le ispezioni nelle aziende e invece puntare sul controllo dei disoccupati?
Vorrei chiarire. Ci sono due tipi di lavoro nero: uno di necessità e l’altro di convenienza. Il primo è quando un’impresa sfrutta il bisogno di un lavoratore pagandolo poco e male. Questi imprenditori, che tra l’altro fanno concorrenza sleale alle imprese oneste, eccome se vanno perseguite, non solo con l’ispettorato del lavoro ma con i carabinieri. L’altro caso, invece, è quando il lavoratore, ad esempio in cassa integrazione, incassa il sussidio e lavora in nero per convenienza sua e dell’impresa che lo ingaggia. Per evitare questo secondo caso, occorre impegnare i disoccupati in lavori utili alla comunità o programmi di formazione. Insomma, il concetto è che se come cittadino prendo dei sussidi non posso disporre totalmente della mia “giornata” in orari d’ufficio. Come chi lavora.

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