venerdì 15 luglio 2022
Nel Consiglio nazionale M5s si affacciano l'ipotesi di ritirare i ministri e del voto on line, ma i ministri Patuanelli e D'Incà si oppongono alla linea dura. Lega-Fi aprono a governo senza grillini.
Giuseppe Conte e Mario Draghi

Giuseppe Conte e Mario Draghi - ANSA

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Mario Draghi resta fermo e irremovibile, al momento, sulla decisione di confermare le proprie dimissioni dopo la "verifica" alle Camere prevista mercoledì prossimo. Il premier è in attesa degli eventi a Palazzo Chigi, e non lancia nuovi segnali. Unica certezza: lunedì è confermata la sua visita ad Algeri, tappa fondamentale nel processo per affrancarsi dal gas russo.

Linea dura o nuovo governo, M5s e Conte al bivio

La scena e i riflettori si accendono quindi sui partiti, veri protagonisti della prima giornata di crisi. In particolare, l'attenzione è rivolta a quanto sta accadendo in casa M5s. Sino al momento delle dimissioni di Draghi, la linea era la seguente: la mancata partecipazione al voto di fiducia sul decreto-Aiuti non rappresentava l'atto d'uscita da maggioranza e governo, e quindi se il premier chiedesse una nuova fiducia il Movimento gliela concederebbe, fermo restando la risposta positiva del premier ai novi punti evidenziati la settimana scorsa dal leader M5s, Giuseppe Conte. Le dimissioni di Draghi cambiano lo scenario anche in M5s. Il gesto del premier avvicina la data del voto, e nel Movimento "falchi" e "colombe" escono allo scoperto con le rispettive, diverse strategie. In un Consiglio nazionale che ha avuto il primo round ieri notte, e che sta continuando con "stop and go" anche oggi, è emersa con nettezza la componente che ritirerebbe subito la delegazione dei ministri, di modo da rendere ancora più chiara a Draghi la fine della collaborazione con il Movimento. Ma ministri di peso, come Federico D'Incà e Stefano Patuanelli, iniziano ad esprimere in modo chiaro il loro disappunto verso la linea dura. Anche il capogruppo Crippa, l'ex ministro Fraccaro e altri big come Bonafede sembrano molto perplessi da una crisi di governo in questo momento. La spaccatura mette in difficoltà il leader Giuseppe Conte, che dal momento delle dimissioni di Mario Draghi non ha più parlato in pubblico. L'ex premier rischia una nuova spaccatura in M5s, con Di Maio pronto ad accogliere nuovi "governisti" e Alessandro Di Battista che preme dall'esterno perché M5s concretizzi la crisi, pronto a dare casa ai "barricaderi" nel momento in cui invece M5s restasse in maggioranza. Per l'ex premier sono ore in cui anche la sua leadership nel Movimento pare essere in gioco. Perciò si fa spazio anche l'ipotesi di un voto on line sulla posizione da assumere mercoledì alle Camere.

Fi-Lega e l'ipotesi di una maggioranza senza M5s: non è più possibile contare su di loro

Se nelle prime ore di crisi Lega e Forza Italia sembravano allettate dalla possibilità di correre verso il voto anticipato, ieri i due capipartito, Matteo Salvini e Silvio Berlusconi, hanno diramato una nota congiunta che sembra aprire alla possibilità di una nuova maggioranza intorno a Draghi, ma senza M5s: "Il centrodestra di governo prende atto che non è più possibile contare sul Movimento cinque stelle. Draghi ha reagito con comprensibile fermezza di fronte all'irresponsabilità. Continueremo a difendere gli interessi degli italiani con serietà coerenza, non avendo certamente timore del giudizio degli italiani". Insomma: o governo senza M5s o voto anticipato.

Pd insorge contro centrodestra: basta prediche. E prova a ricucire con M5s

Per il Partito democratico, che in sostanza Lega e Fi interpellano come possibile alleato di una nuova maggioranza senza grillini, l'ipotesi è semplicemente da escludere. "Basta prediche del centrodestra, sono loro gli alleati di chi è all'opposizione di Draghi", dicono al Nazareno in riferimento alla strana situazione della coalizione di centrodestra, con due partiti in maggioranza e uno, Fdi, all'opposizione. Per il Partito democratico la priorità è recuperare M5s e re-investire Mario Draghi con la stessa identica maggioranza di prima. O, quantomeno, in previsione di una nuova spaccatura pentastellata, provare a tenere nell'alveo del governo Giuseppe Conte, con il quale si vorrebbe continuare a costruire il "campo largo" per le elezioni del 2023. Ma la dinamica interna al Movimento non sembra incoraggiante per il Pd.

Renzi: petizione per far restare Draghi

L'ex premier Matteo Renzi prova anche la carta di una mobilitazione digitale per far restare Mario Draghi a Palazzo Chigi, con o senza M5s. La linea di Iv è anche la linea di Insieme per il futuro di Luigi Di Maio e delle formazioni centriste, che incitano l'ex capo della Bce ad abbandonare quella che ritengono una impostazione troppo rigida, governare solo in presenza di una maggioranza che va da M5s alla Lega.

Ue e cancellerie europee preoccupate da ingerenze russe. E Mosca aggiusta il tiro

Su una giornata già caotica piombano le parole preoccupate di un portavoce della Commissione europea, Peter Steno: "Non commentiamo gli sviluppi politici interni. Ma è un fatto che la Russia cerca di destabilizzare l'Ue e i Paesi membri". Con la "disinformazione" Mosca cerca di influenzare la politica nazionale "attraverso i suoi delegati interni" che "possono essere politici". "Classificare gli attori politici spetta ai Paesi, non a noi, ma osserviamo campagne di disinformazione. E la disinformazione del Cremlino a volte viene usata da partiti" in Ue. Alto il livello d'allarme per le dimissioni di Draghi in tutte le cancellerie europee, e la riprova è il grande spazio che le vicende politiche italiane hanno avuto sui giornali esteri. E dopo la sortita provocatoria del vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo, Medvedev, che ironizzava sulla crisi del governo Draghi, arriva una retromarcia della diplomazia moscovita: le dimissioni annunciate dal presidente del Consiglio, così come lo scandalo che ha travolto l'Spd, il partito del cancelliere tedesco Olaf Scholz, "sono affari interni" dei singoli Paesi sui quali la Russia non vuole "interferire", dichiara il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, durante un punto stampa. "Questi sono affari interni di ciascuno dei Paesi menzionati, non possiamo né interferire né avere alcuna relazione con essi. È tutto ciò che si può dire", ha detto Peskov ai giornalisti.

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