martedì 6 aprile 2021
La campagna non decolla come si vorrebbe. Le 8 milioni di dosi in arrivo entro fine mese in Italia non bastano. Le aziende farmaceutiche non hanno mantenuto le promesse contrattuali
Persone che entrano nel centro vaccinale della Fabbrica del Vapore, a Milano, per fare il vaccino Anti Covid-19

Persone che entrano nel centro vaccinale della Fabbrica del Vapore, a Milano, per fare il vaccino Anti Covid-19 - Fotogramma

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È stata, per ora, solo un’eccezione il picco di oltre 282mila vaccinazioni in un giorno registrato settimana scorsa. Invece che accelerare – l’imperativo che ossessiona il commissario Figliuolo – l’Italia resta inchiodata a quota 250mila, nel weekend (complice la Pasqua) addirittura a qualche migliaio in meno. Che, tradotto in concreto, significa non poter raggiungere l’obiettivo del 75% della popolazione immune al Covid prima di almeno 11 mesi. Su per giù, a ridosso della prossima Pasqua.

Le colpe non vanno cercate a Roma: nel primo trimestre sono arrivati circa 14 milioni di dosi a fronte dei 28 milioni previsti dai contratti, la metà esatta (il vulnus più grande è quello di AstraZeneca: appena 4 milioni di dosi sulle 16 anticipate).

Ma il ritmo cambierà, continua ad assicurare il governo, e sulla carta non ci sono motivi per non credere alle promesse: i vaccini in coda per l’approvazione sono molti (anche se l’Ema continua a prendersi troppo tempo per analizzarli) e le dosi pronte a fare ingresso nei magazzini di Pratica di Mare sono almeno 8 milioni soltanto nei prossimi venti giorni (ossia quasi il 20% di tutti gli arrivi programmati da qui a giugno), al netto di quelle di CureVac, ancora in attesa del via libera, che per il momento non sono tenute in conto.

Il problema però, almeno secondo i conti delle Regioni, è che anche con questa iniezione cospicua di fiale sarà molto complicato arrivare alle 500mila somministrazioni auspicate da Figliuolo entro la fine del mese: troppo poche, ancora, per far ingranare le marce alla macchina vaccinale, che pure ormai è ben rodata in quasi tutto il Paese. Troppo poche, soprattutto, per arginare gli effetti della terza ondata in corso, col virus che viaggia veloce: centinaia di morti al giorno, centinaia di ricoveri, e ad essere colpito è proprio chi non fa in tempo ad essere vaccinato e messo in sicurezza prima. Anziani, fragili.

Anche qui i numeri parlano chiaro, nonostante si stia cercando di recuperare il ritardo, stavolta dovuto a scelte discutibili fatte sui territori: fra le 11.156.326 persone vaccinate a ieri pomeriggio (3.463.295 con due dosi) gli over 80 erano meno di 3 milioni e mezzo (il 56,76% con una dose, il 30% con due), gli over 70 solo 963mila (l’11%, con una dose, appena l’1,8% anche con il richiamo).

Numeri incapaci di incidere sulla curva tracciata ogni giorno dal Bollettino del ministero della Salute, che è anche quella che costringe il Paese a restar chiuso, coi costi sociali ed economici drammatici che continuiamo a misurare. Per intenderci, lo ripetiamo ancora una volta: hanno tra i 70 e gli 80 anni il 9% dei morti degli ultimi mesi, oltre gli 80 anni quasi il 50% e appena lo 0,01% sotto i 39 anni, dove pure figurano – sembra incredibile – 1 milione e 670mila vaccinati (oltre il 10% del totale).

Unica consolazione, più volte sottolineata negli ultimi giorni, lo stato di avanzamento della campagna tra gli ospiti delle Rsa (l’89,42% ha ricevuto una dose, il 72,96% anche il richiamo) e tra il personale sanitario (91,67% a una dose, 76,28% a due): categorie tra cui il tasso di letalità è letteralmente crollato. Buona anche la copertura del personale scolastico: il 68,17% ha ricevuto una dose di vaccino, anche se per la seconda si è fermi ad appena lo 0,59% (la quasi totalità della categoria ha ricevuto AstraZeneca, che per la seconda somministrazione richiede un’attesa di 10-12 settimane).




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