giovedì 15 dicembre 2022
Per il nostro quotidiano fu un errore abolire completamente l’onere del servizio disarmati alla patria, un limite ai doveri di cittadinanza che impedisce di spendersi in una scuola di solidarietà
Nel 1996 la Caritas di don Giovanni Nervo divenne ente convenzionato con il ministero della Difesa per far svolgere ai giovani obiettori cattolici il periodo alternativo alla naja

Nel 1996 la Caritas di don Giovanni Nervo divenne ente convenzionato con il ministero della Difesa per far svolgere ai giovani obiettori cattolici il periodo alternativo alla naja - .

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Il servizio civile obbligatorio e universale è una proposta rimasta sulla carta, ostacolata dalla politica che non vuole scontentare i giovani elettori, ma ha solide basi culturali. Se la legge sull’obiezione compie 50 anni, l’idea di istituire in Italia un servizio civile obbligatorio ha almeno un quarto di secolo. Quindi le periodiche riproposizioni di un periodo della vita in cui ragazzi e ragazze siano chiamati ad assolvere il sacro dovere costituzionale di difesa della patria senza imbracciare le armi, tra cui quelle fatte da questo quotidiano, sono radicate in un lungo e appassionato dibattito.

Cominciato nel 1996 dalla Fondazione Zancan di Padova e dalla Caritas italiana, che per intuizione di don Giovanni Nervo, padre della stessa Caritas e resistente, divenne ente convenzionato con il ministero della Difesa per far svolgere ai giovani obiettori cattolici il servizio alternativo al militare. Già alla metà degli anni 90 anni in Parlamento si discuteva infatti della proposta di sospensione della leva obbligatoria e quindi della conseguente fine del servizio civile.

La discussione, molto attuale, volgeva sul valore autentico di un’esperienza di solidarietà e partecipazione di decine di migliaia di giovani e che sarebbe stato un errore disperdere. Fu l’allora direttore della Caritas italiana don Elvio Damoli, scomparso nel gennaio 2021. a diventare il più tenace sostenitore del servizio obbligatorio. Nel febbraio 2000 la proposta portata avanti dalla Caritas con Pax Christi e Acli ricevette il primo no da un governo, allora di centrosinistra. In un incontro degli enti del Servizio civile sul futuro del servizio l’allora sottosegretario alla presidenza del Consiglio promise “un corpo civile europeo, risorse adeguate al numero di domande, l’inserimento nell’ambito della formazione scolastica”, ma si disse invece contrario all’ipotesi di rendere il servizio civile obbligatorio. Quel sottosegretario era Marco Minniti.

Don Damoli fu voce che grida nel deserto dopo la sospensione della leva obbligatoria, ritenendo insufficiente per la formazione dei giovani il solo anno di servizio civile volontario. A fine 2010 in una intervista ad Alberto Chiara su Famiglia Cristiana fu lo stesso don Nervo ad aiutarlo chiedendo alla politica di sostenere “i percorsi di formazione collettiva esistenti per i giovani, come il servizio civile” che definì “un anno per imparare a stare dalla parte degli ultimi e degli emarginati”.

A fine 2011, al convegno per i 40 anni della Caritas italiana don Damoli ripropose il concetto di servizio obbligatorio, sostenuto dal direttore di Avvenire Marco Tarquinio, che lo ha ribadito anche nel recente convegno milanese per i 50 anni. Intanto sul nostro quotidiano la proposta di un servizio civile universale e obbligatorio viene esposta nel 2014 e nel 2017 anche nelle risposte di Tarquinio ai lettori.

Per il nostro quotidiano fu un errore abolire completamente l’onere del servizio disarmati alla patria, un limite ai doveri di cittadinanza che impedisce di spendersi in una scuola di civismo e solidarietà.


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