sabato 19 maggio 2018
Nel Maceratese classi semideserte. Ecco le storie di chi resiste. Una manciata i piccoli all’elementare di Visso. La maestra Federica: «Ogni giorno 160 chilometri in macchina per insegnare»
Così il terremoto svuota le scuole
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Scuole a rischio nell’entroterra marchigiano devastato dal terremoto del 2016. Le classi perdono iscritti, mentre qualche insegnante chiede l’assegnazione momentanea altrove. Complici i ritardi nella consegna delle casette di legno e le lentezze burocratiche su delocalizzazioni, attività produttive e ricostruzione, il pericolo di un ulteriore spopolamento è concreto, ed equivarrebbe a un altro terremoto per chi su quelle comunità ha investito, e là ha sempre resistito. Basta dare un’occhiata al Maceratese per avere una fotografia della situazione. A Visso, ad esempio, se prima si contavano una decina di alunni per classe, ora i piccoli studenti sono appena una manciata tra quelli di prima, seconda e terza elementare.

Ma c’è chi combatte tutto questo, con forza e speranza, fin dall’inizio dell’incubo: tra mille sacrifici e col sorriso sulle labbra, chilometri e chilometri al volante per continuare a insegnare nelle zone più colpite dal sisma. «Una parte delle famiglie è rientrata, piano piano con l’arrivo delle casette inizia a esserci un ritorno in montagna – sottolinea Antonio Renga, segretario Flc Cgil (educazione, istruzione, formazione e ricerca) per la provincia di Macerata –. Purtroppo gli alunni sono diminuiti nella zona dell’entroterra più colpita. I ritardi della gestione postsisma non hanno di certo aiutato, dal momento che c’era un tendenza allo spopolamento, naturale, già in corso in quei paesi prima del terremoto.

Ma ci sono insegnanti che, per fortuna, non hanno mai smesso di lavorare lì, facendo tantissimi chilometri al giorno pur di continuare a seguire le proprie classi». Una di queste persone è Federica Rastelli, 44 anni, sposata con due bimbi: abitava a Visso finché non è arrivato il terremoto. Lei, come diversi altri suoi colleghi, non ha mai voluto abbandonare la sua classe: nonostante le difficoltà e i disagi, percorre 160 chilometri al giorno per continuare a portare avanti la classe delle medie a Serravalle del Chienti, dove insegna matematica e scienze. Il paese conosce bene il terremoto: era stato epicentro del sisma nel ’97.

«A ottobre 2016 c’è stata l’evacuazione forzata per tutti gli abitanti di Visso – ricorda Rastelli –, per un mese ci hanno mandato in hotel a Tortoreto, in provincia di Teramo, in Abruzzo. Poi io ho portato i miei figli a Petriolo, nel Maceratese (Marche), dove viviamo tuttora, in affitto. Ho fatto la scelta di restare come insegnante a Serravalle perché mi sembra rispettoso nei confronti dei genitori e degli alunni, e doveroso non abbandonarli, ora più che mai. Solo qualche insegnante ha chiesto l’assegnazione momentanea, ma per lo più siamo rimasti a lavorare nelle nostre scuole».

Con tanti sacrifici quotidiani. «Certo, pesa parecchio – racconta Rastelli –, soprattutto a fine anno scolastico quando la stanchezza si accumula, fare tutta quella strada in macchina per arrivare a scuola, e tornare a casa poi soltanto dopo pranzo. A giugno torneremo a Visso, nella casetta, in un paese dove purtroppo non c’è più nulla. L’immobilismo è totale. Parte della popolazione non c’è ancora, non c’è un punto aggregativo di qualsiasi tipo, non c’è neppure una chiesa, il parroco al momento celebra in un container. E poi, qualche abitante non tornerà mai più. Chi nel frattempo ha trovato lavoro verso la costa, o ad esempio in Umbria, non lo lascerà per tornare in un paese di montagna semideserto».

E se pesa immensamente sull’animo dei terremotati che la ricostruzione degli edifici sia ferma, intanto c’è da combattere con il dramma psicologico, che lascia ferite profonde. Ci si rimbocca le maniche anche per questo: ci sono bambini che vanno ancora dallo psicoterapeuta, che non riescono più a dormire da soli da quando hanno sentito le scosse nel 2016. Con disagi e timori non solo a casa, ma anche dentro le scuole: perché lo sciame sismico è ancora in corso. «La nostra sede è in una struttura tutta in legno – sottolinea Rastelli –, eredità del terremoto del ’97. In classe le scosse le sentiamo tutte, ma ci facciamo forza l’un l’altro, studenti e insegnanti. Sappiamo che lì non ci può succedere nulla».

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