venerdì 27 ottobre 2017
Si chiude la prima fase del progetto di Comunità di Sant'Egidio, Tavola Valdese e Federazione comunità evangeliche. Il viceministro Giro: il governo rinnoverà il protocollo per altri mille arrivi
Foto di gruppo con i piccoli profughi (foto L. Liverani)

Foto di gruppo con i piccoli profughi (foto L. Liverani)

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Mille. Con l'arrivo stamattina all'aeroporto di Fiumicino di altri 125 siriani dai campi profughi in Libano, si chiude la prima fase del progetto per l'accoglienza e l'integrazione di richiedenti asilo, fuggiti dal paese martoriato dalla guerra. Anziani, donne, coppie giovani e tanti bambini, almeno una cinquantina. Ad accoglierli il viceministro degli Esteri Mario Giro, che s'è impegnato a nome del governo a replicare l'esperienza, visto il successo di questa avventura cominciata un anno e mezzo fa, il 4 febbraio 2016.

Un modello che sta contagiando anche altri paesi: in Francia il 5 luglio i primi 16 arrivi dei 500 previsti in due anni. «Vogliamo rinnovare, tra ministeri dell'Interno e degli Esteri e gli enti proponenti, il protocollo per i corridoi umanitari - dice Mario Giro - con l'obiettivo di far arrivare altri mille profughi, in sicurezza e legalità. Rinnoveremo il protocollo, un vero successo di accoglienza ed integrazione. Un progetto divenuto un'eccellenza per l'accoglienza di chi viene da terre martoriate dalla guerra. Una strada che anche la Francia ha intrapreso e speriamo anche altri paesi europei».

I 47 nuclei familiari, sia musulmani sia cristiani, tra cui 54 minori - il più piccolo ha un mese e mezzo - sono arrivati da Beirut. Appuntamento nell'aeroporto libanese alle 22, poi il decollo alle 3, l'atterraggio prima dell'alba nello scalo romano e infine il disbrigo di tutte le pratiche e il controllo attento dei documenti. Finalmente, alle 11, varcano l'ingresso della sala: i bambini sventolano allegri piccole bandiere tricolori, qualcuno dorme in braccio ai genitori. Ad attenderli ci sono le parrocchie, i volontari, le associazioni che li accoglieranno sul territorio e li accompagneranno nel percorso di integrazione per avviarli all'indipendenza.

Come quelli dell'associazione La fabbrica della pace di Collegno, 50 mila abitanti a sei chilometri da Torino. E' venuto il sindaco in persona ad accoglierli, con la fascia tricolore. L'appartamento messo a disposizione per due anni da un volontario è stato arredato e rimesso a posto grazie all'impegno di tanti cittadini. «A imbiancare sono venuti anche alcuni consiglieri comunali», racconta la signora Lucetta Sanguinetti. La casa ospiterà una famiglia di 6 persone, una coppia e 4 bambini dai 2 agli 11 anni. Per loro è già pronta l'iscrizione a scuola. «Povera gente, hanno perso tutto. Io ho una certa età e da bambina l'ho vissuta anch'io, qui, la guerra. Me li ricordo beni i bombardamenti e la paura di morire». Fondamentale è stato il supporto di un altro membro della Fabbrica della pace, Alessandro Cinquera, volontario nei campi profughi di Tel Abbas al confine tra Libano e Siria, per l'Operazione Colomba dell'associazione Papa Giovanni XXIII. «E' stata una mobilitazione di solidarietà: il pulmino ce l'ha prestato il Centro di servizi per il volontariato di Torino», spiega Lucetta.

Anche don Giordano Cracina è arrivato da Zulio, provincia di Udine, a prendere la "sua" famiglia. Parroco a San Bartolomeo in Imponzo, presiede la fondazione La Polse. Ospiteranno Diana Zrez e Salim Todosian, la mamma e il papà della piccola Sharbel di 2 anni e di Bashar di 6. Vengono da Aleppo e sono armeni cristiani. «Bashar lo abbiamo già iscritto a scuola, per il papà stiamo cercando un lavoro. Ci ha aiutato molto il cardinale Mario Zenari, nunzio apostolico in Siria, per 17 anni titolare della vicina cattedrale di San Pietro in Carnia. E abbiamo un'altra canonica libera a Zulio, speriamo di riuscire ad accogliere un altra famiglia».

Poi ci sono Yussef Issa, 29 anni, e la moglie Arev Jmmo, 24 anni. Si sono sposati una settimana fa, e arrivano con in mano il bouquet di fiori e un cestino di confetti che distribuiscono a siriani e italiani. Il più giovane dei 125 è sicuramente Kaled Sakallah, nato il 17 agosto scorso. Dorme a turno in braccio a mamma Sally e a papà Mohammad. Lacrime e abbracci tra due fratelli, cristiani di rito bizantino melchita, che non si vedevano da più di due anni. Z.A. è appena sbarcato e stringe il fratello commosso. Sarà accolto a Roma Sud, a Morena vicino Ciampino, con la moglie e i due figli, lei 15 anni e lui 16. Il fratello S.A. ha studiato in Italia negli anni '90 e vive a Roma da quando è scoppiata la guerra in Siria. E' un educatore professionale e lavora in un centro di pronto intervento per minori non accompagnati della Caritas di Roma. Sono cristiani di rito bizantino melchita.

«Si chiude la prima fase di questo progetto - dice Marco Impagliazzo - ma non si chiudono le nostre porte, che resteranno aperte. Gli italiani hanno molto apprezzato questo progetto. Nessuno si è detto contrario, nemmeno chi ritiene prioritaria la sicurezza. Abbiamo coniugato umanità e sicurezza. E integrazione: oggi qui ci sono i siriani arrivati un anno e mezzo fa ad accogliere parenti e amici». «Questa è una bella storia italiana - aggiunge Paolo Naso a nome delle comunità evangeliche - un sogno che nessuno credeva si potesse realizzare e invece ha fatto arrivare in totale sicurezza, per chi viaggia e per chi accoglie, mille persone. E altre mille arriveranno. Un progetto realizzato grazie alla fantasia, la creatività e anche l'illuminazione che ci ha dato Dio. Ai giornalisti chiedo: raccontate queste storie positive, non date attenzione solo alle brutte storie e alle voci cattive che escono dalla pancia. L'immigrazione ha bisogno di un altro tipo di narrazione».



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