giovedì 25 febbraio 2021
Bologna diventa «arancione scuro» Con la variante inglese ci sarà incremento dei contagi. La doppia dose di vaccino solo al 2,9% degli over 80
Sei regioni rischiano la zona arancione e due la rossa

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Sono 19.886 i nuovi casi di Covid-19 registrati nelle ultime 24 ore, mentre i morti ammontano a 308. La curva epidemica, quindi, cresce. I tamponi effettuttuati sono 443.704 con un indice di positività in crescita e pari al 5,6%. Crescono i ricoveri in terapia intensiva, che risultano 2.168 con un incremento di 11 unità. Crescono anche i ricoveri ordinari di 40 unità. I dati sono stati forniti dal ministero della Salute

Bologna peggiora e diventa «arancione scuro»

Da sabato 27 febbraio, si estende a tutta la Città Metropolitana di Bologna, e quindi ai comuni che ne fanno parte, la zona arancione scuro in vigore da oggi nell'Imolese. Vi rimarrà fino al 14 marzo. Arriverà domani la nuova ordinanza che lo prevede, a firma del presidente della Regione, analoga a quella sui 14 comuni dell'Ausl di Imola e i confinanti in provincia di Ravenna. L'obiettivo è lo stesso: arginare la diffusione del virus, a tutela della salute dei cittadini, in un'area peraltro molto vasta e densamente abitata.

La decisione è stata presa oggi pomeriggio nella video-riunione fra tutti i sindaci della Città metropolitana di Bologna, insieme a Regione e Ausl di Bologna. Il provvedimento è più restrittivo rispetto alle misure nazionali in vigore per la zona arancione in cui è collocata tutta l'Emilia-Romagna dal 21 febbraio scorso, ed è dettato dalle indicazioni medico-scientifiche che evidenziano una situazione di criticità, con l'andamento del contagio in costante crescita anche nelle scuole.

Il monitoraggio della Fondazione Gimbe​

Aumentano i casi di coronavirus in Italia nell'ultima settimana di quasi il 10% a fronte di un numero stabile di decessi. Lo rivela il monitoraggio indipendente della Fondazione Gimbe rileva nella settimana 17-23 febbraio 2021, rispetto alla precedente: si registra infatti un incremento dei nuovi casi (92.571 vs 84.272) a fronte di un numero stabile di decessi (2.177 vs 2.169). In lieve riduzione i casi attualmente positivi (387.948 vs 393.686), le persone in isolamento domiciliare (367.507 vs 373.149) e i ricoveri con sintomi (18.295 vs 18.463), mentre risalgono le terapie intensive (2.146 vs 2.074).

In dettaglio, rispetto alla settimana precedente, si registrano le seguenti variazioni: Decessi: 2.177 (+0,4%); Terapia intensiva: +72 (+3,5%); Ricoverati con sintomi: -168 (-0,9%); Isolamento domiciliare: -5.642 (-1,5%); Nuovi casi: 92.571 (+9,8%); Casi attualmente positivi: -5.738 (-1,5%)

"Dopo 4 settimane di stabilità nel numero dei nuovi casi - afferma Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione GIMBE - si rileva un'inversione di tendenza con un incremento che sfiora il 10%, segno della rapida diffusione di varianti più contagiose".

Rispetto alla settimana precedente, infatti, in 11 Regioni aumentano i casi attualmente positivi per 100.000 abitanti, e in 10 Regioni sale l'incremento percentuale dei casi totali. Sul fronte ospedaliero, l'occupazione da parte di pazienti Covid supera in 4 Regioni la soglia del 40% in area medica e in 8 Regioni quella del 30% delle terapie intensive, che, a livello nazionale, dopo 5 settimane di calo fanno registrare un'inversione di tendenza.

Inoltre, la progressiva diffusione della variante inglese sta determinando impennate di casi che richiedono un attento monitoraggio per identificare tempestivamente Comuni o Province dove attuare le zone rosse. "Secondo le nostre analisi - spiega il presidente - l'incremento percentuale dei nuovi casi rispetto alla settimana precedente è l'indicatore più sensibile per identificare le numerose spie rosse che si accendono nelle diverse Regioni". In particolare, nella settimana 17-23 febbraio in ben 74/107 Province (68,5%) si registra un incremento percentuale dei nuovi casi rispetto alla settimana precedente, con valori che superano il 20% in 41 Province. "Questi dati - commenta Renata Gili, Responsabile Ricerca sui Servizi Sanitari della Fondazione Gimbe - confermano che, per evitare lockdown più estesi, bisogna introdurre tempestivamente restrizioni rigorose nelle aree dove si verificano impennate repentine. Temporeggiare in attesa dei risultati del sequenziamento o di un consistente incremento dei nuovi casi è molto rischioso perché la situazione rischia di sfuggire di mano".

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Astrazeneca: 25 milioni di dosi entro giugno. Pfizer allo studio terza dose contro le varianti

Sul fronte vaccini, da lunedì 22 febbraio sono state effettuate in media oltre 100mila somministrazioni al giorno e ieri, mercoledì 24 febbraio, è stato raggiunto il picco di 102.433 dosi. E' quanto si apprende dal commissariato straordinario per l'emergenza Covid guidato da Domenico Arcuri.

Il presidente e amministratore delegato di AstraZeneca Italia, ha smentito l'ipotesi circolata un paio di giorni fa di una fornitura più che dimezzata (meno di 90 milioni per l'intera Unione europea). E ha assicurato che in Italia arriverebbero entro fine marzo oltre 5 milioni di dosi e altre venti milioni di dosi entro giugno. "Una produzione di tipo biologico - spiega Wittum - è complessa: richiede il rispetto di tempi e passaggi precisi. Le cellule virali vengono tenute per tre settimane in bioreattori perché si possano replicare: una volta terminato il processo, da un litro di materiale si ottengono 3-4 mila dosi. In teoria la nostra capacità produttiva è di 50 milioni di dosi al mese, ma ci possono essere rallentamenti, come si è visto nei mesi scorsi. Ogni lotto viene sottoposto a un centinaio di test di qualità, basta un ritardo su un solo test per allungare i tempi".

Nel mondo sono "una ventina" gli stabilimenti che producono il vaccino AstraZeneca, "tra i quali l'impianto in Belgio che lavora per rifornire l'Europa. Gli altri sono per la maggior parte aziende partner, scelte in base a due criteri: capacità tecniche e possibilità di produrre in larga scala", continua il ceo.

La casa farmaceutica Pfizer ha annunciato di aver iniziato a studiare una terza dose del suo vaccino contro il Covid, nell’ambito di una strategia per difendersi dalle versioni mutate del coronavirus. Le autorità sanitarie affermano che i vaccini contro il Covid di prima generazione proteggono dalle varianti che stanno emergendo in diverse parti del mondo, ma i produttori si preparano nel caso si presentino mutazioni più resistente ai farmaci. Pfizer ha detto che offrirà una terza dose a 144 volontari, tra quelli che hanno partecipato ai test nella fase iniziale lo scorso anno. Vuole — infatti — determinare se un ulteriore richiamo, somministrato da sei a 12 mesi dopo le prime due dosi, possa attivare il sistema immunitario in modo da scongiurare i virus mutati.

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