martedì 27 agosto 2019
Nell’incontro con Zingaretti il premier chiede di incidere su progetto e ministri: non accetto piatti già pronti L’intesa di fondo: determinare il nuovo inquilino del Colle a gennaio 2022
Conte muta pelle: non sarò notaio. Un patto che guarda al Quirinale
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L’incontro pomeridiano di soli venti minuti tra Di Maio e Zingaretti aveva fatto temere un nuovo testacoda del difficile negoziato M5s-Pd. E in parte ha segnato un momento di forte tensione con accuse reciproche di voler incassare più poltrone del lecito. Ma ha anche evidenziato uno snodo sul fronte pentastellato: «Nicola, di tutte queste cose - ministri, deleghe, programma, ndr - dobbiamo parlare con Conte», ha ammesso il capo politico del Movimento mettendo le basi al vertice delle 21 nella stanza del presidente del Consiglio. Poche parole che segnano un passaggio di consegne.

E anche un passaggio di responsabi-lità: è il premier uscente che ha messo la faccia sulla rottura con la Lega, è lui che dal G7 francese ha aperto più incisivamente all’accordo con il Pd, quindi ora è lui che deve assumere oneri e onori dell’esecutivo nascente. D’altra parte, prima di lasciare in anticipo Biarritz, Conte aveva mandato un messaggio chiaro a Di Maio e per suo tramite al Pd: «Non fatemi trovare piatti già pronti. Specie se mi indicate come premier al Colle, voglio partecipare a tutto: programma, squadra, obiettivi». La fase del Conte «notaio» di un contratto è archiviata (quindici mesi fa la sua indicazione arrivò quando il 'contratto' era stato già definito). Inizia la fase del Conte che torna a Palazzo Chigi come punta del Movimento cinque stelle. Motivo per cui con tutta probabilità il vicepremier sarà uno solo e sarà del Pd, forse Andrea Orlando.

Tutto ciò al netto del fatidico voto on line di oggi pomeriggio su Rousseau, che potrebbe rimettere tutto in discussione. Cambia pelle, il premier uscente vicino al reincarico. Ieri sera ha chiesto di avere un sottosegretario a Palazzo Chigi di sua fiducia, più tecnico che politico. Già oggi inizierà a lavorare sui fogli che gli hanno lasciato Di Maio e Zingaretti. I dieci punti di M5s, i 5 del Pd, gli atti dei tavoli programmatici dem, lo stato del-l’arte delle riforme in itinere preparato dai capigruppo del Movimento in commissione.

Ma soprattutto studierà le 'griglie' per i dicasteri pensati dai due capi ma che ancora non hanno una quadra comune. Il metodo, annuncia Conte, cambierà: addio al contratto ma un programma comune che poi andrà negoziato nei diversi passaggi parlamentari e di governo con uno 'standing' nuovo. Stop annunci e 'veline', stop dirette Facebook prima dei Consigli dei ministri per imporre la linea all’alleato, stop ingerenze tra ministri e dicasteri. Sebbene politico, nella mente di Conte questo è anche un esecutivo di 'decantazione', che rasserena il Paese e non lo fa camminare sull’orlo della crisi.

Non è solo una questione di etichetta. L’esecutivo nasce per durare, come dicono Zingaretti e Di Maio e come, ovviamente, auspica Conte. E non potrebbe essere altrimenti, con Salvini che si prepara ad arrembare dall’opposizione e dalle piazze. Calcoli alla buona portano dritto a gennaio 2022. Dopo la quarta lettura della riforma che taglia il numero dei parlamentari, serviranno almeno 6 mesi per la piena attuazione tra tempi costituzionale per un eventuale referendum e ridisegno dei collegi. E poi l’operazione della legge elettorale proporzionale non è un banale tratto di penna. E ci si trova d’incanto alla vigilia della manovra per il 2021, scavallata la quale si è a un tiro di schioppo dal 'semestre bianco', quello in cui il capo dello Stato in uscita non può sciogliere le Camere. È vero che analoghi ragionamenti - un patto di ferro per il nuovo inquilino del Colle - erano stati fatti agli albori dell’alleanza gialloverde e poi sono stati travolti dagli eventi.

Ma in questo momento è sulla partita del Quirinale che convergono Conte, Di Maio, Zingaretti e Renzi. Toni bassi - e spread bassi - serviranno anche per i primi 100 giorni. Conte, in previsione della Nota di aggiornamento al Def, vuole siglare una tregua con l’Europa dell’«amica» Ursula Von der Leyer per scongiurare gli aumenti Iva senza smontare quota 100, Reddito e il bonus-Renzi, tre fili elettrici che non si possono toccare. Sulla sicurezza, Conte si è impegnato con Zingaretti a ripartire dai rilievi fatti da Mattarella al momento della firma del decreto-sicurezza bis.

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